LA NATURA TRA FILOSOFIA, LETTERATURA E ARTE NEL SEICENTO
Le condizioni gnoseologiche
(D)dellestremo Cinquecento e del primo Seicento
furono caratterizzate dalla "perplessità
interrogativa", che era entrata negli spiriti subordinata
alla crisi della vecchia concezione scolastica (ST),
e dallincertezza in cui le medesime anime vennero a
trovarsi per le nuove posizioni scientifiche e filosofiche,
indicate da personaggi quali Copernico (SB),
Telesio (SB), Bruno (SB)
e altri. La scienza, per esempio, non veniva più considerata
come un sistema di idee compiuto e dato per buono una volta per
tutte o come ancorato al principio di autorità dei grandi
filosofi del passato e ai dogmi (D)
della Chiesa; cera bisogno di nuova aria nelle scuole e
soprattutto si avvertiva la necessità di una cultura che fosse
allaltezza delle grandi trasformazioni che si stavano
imponendo nella vita spirituale e materiale, nella società
civile, nella Chiesa.(Vedi Lo sviluppo della scienza nei rapporti
socio-economici).
Il primo profondo impulso al rinnovamento venne dai filosofi
naturalisti italiani della fine del 500. Loro maestro fu
Bernardino Telesio, che, nella sua opera principale, evidenzia la
necessità di tornare allo studio della Natura, secondo i
principi che le sono propri, rifiutando la concezione aristotelica
(ST) del Mondo. Accanto a Telesio si misero in evidenza
altre due importanti figure di intellettuali e filosofi: T. Campanella
(SB) e G. Bruno. Il primo, assumendo come unità di misura
i principi del vivere naturale, propugnava una radicale riforma
della società e della religione; il secondo, sostenitore del
sistema eliocentrico di Copernico, insegnò una filosofia
centrata sul concetto delluniformità delluniverso e
della sostanziale identificazione di Dio con la Natura (Vedi Spinoza). Con
questi tre grandi filosofi si inizia a capire la nuova importanza
attribuita, già nel 500, allo studio della Natura; ma se
in un primo momento lindagine naturale venne attuata
partendo da una concezione magica (D)del
mondo reale, cioè concependo la Natura stessa come un ente mossa
da "forze intrinseche e armonizzate da una simpatia
universale" (Vedi Alchimia), con lavvento della filosofia
naturale si rinuncia alla pretesa di penetrare i misteri della
natura. Tale filosofia rompe così i ponti con la magia e
laristotelismo; intende interpretare la natura con la
natura, prescindendo da ipotesi e dottrine precostituite. E così
si apre la via alla vera e propria indagine scientifica. In
questo ambito spiccano figure quali Keplero (SB), Copernico e Galilei (SB);
essi furono, tra molti, coloro che diedero un più vivo e
significativo impulso, sia teorico che pratico, allo studio di
fenomeni naturali. Galilei fu il primo a concepire il metodo
della scienza come mezzo di indagine del naturale, visto
innovativamente come ordine causale, necessario ed immutabile.
Non solo le scoperte di Galileo nel campo fisico ed astronomico, ma anche le innovazioni tecniche sviluppatesi in seguito alle richieste di una società in continua evoluzione e fermento, come il microscopio applicato alla biologia o alla botanica, caratterizzarono il XVII secolo come un secolo di cambiamenti e di affermazione di un nuovo tipo di gnoseologia. In un mondo che si rivelava ogni giorno diverso da come una tradizione millenaria lo aveva presentato, non è strano che lintero sistema conoscitivo entri in crisi (la Luna, ora risulta simile alla Terra, luniverso pare perdere ogni centro e confine, la Terra è costituita di continenti sconosciuti) e il vuoto venga colmato dalla ricerca e dalla sperimentazione, in un clima di tensione e dubbio, che stimola la riflessione e cerca nuove basi per nuove certezze.
Non stupisce quindi che larte figurativa preferisca, oltre alla riproduzione degli oggetti, la finzione. Inoltre, più si accentua la varietà delle esperienze, sempre meno le conoscenze tradizionali valgono a spiegare una realtà in evoluzione. La ricerca delle somiglianze nascoste che locchio dellosservatore scopre tra settori lontani tra loro, costituiscono una nuova rete di collegamenti. Soltanto il "simbolo", come la metafora (D), sembra riuscire a spiegare fenomeni sfuggenti; questo artificio tecnico, assieme allallegoria, permette al letterato come allartista dintuire ciò che i sensi e la ragione non sono più in grado di decifrare. La "fantasmagoria speciosa" delle metafore, è dovuta, nel Seicento, al molteplice aspetto che la realtà prende nellanima del singolo; la sensibilità del poeta, o di qualsiasi altro intellettuale, è messa in crisi. Nella lirica barocca si tende a far più attenzione al mondo della natura, guardandolo sotto svariati punti di vista. Ecco quindi che i lirici barocchi convertono lastrattezza, la spiritualità, latemporalità delle raffigurazioni petrarchesche in concretezza, fisicità e, nel caso delle bellezze femminili, in sensualità e lascivia. Analogamente al tema della bellezza naturale e muliebre, nuove tematiche sono introdotte dai lirici barocchi nellambito di una tecnica della catalogazione e variazione. Muovendo da un dato percettivo, da unesperienza, il poeta barocco tende a sperimentare tutte le possibili variazioni che gli consentono di realizzare esperienze concettuali e verbali difficili e argute. Nelle poesie si colgono attimi di vita, gesti, movimenti minimi, senza mai oltrepassare la dimensione materiale e oggettuale. Questo realismo fisico ed estetico prevede, ad esempio, che alla tipica donna bionda, si aggiungano le castane, le rosse e le nere; cè in sostanza una maggiore attenzione al quotidiano e anche a più svariati oggetti, fiori, frutti, ortaggi, piante e animali (perle, coralli, argento, oro, rose, gigli, melograni, pere, viti, cedri, usignoli, lucciole, zanzare, farfalle .. ). La realtà così descritta si presta poi a giochi prospettici o a vere e proprie metamorfosi; in alcuni casi questi "giochi" derivano proprio dalla ricchezza metaforica del testo: nel sonetto del Marino (SB), "Onde dorate", "la donna tende ad assumere quasi una realtà minerale, daurea e gemmea e perlacea essenza, a prendere insomma laspetto di un lussuoso e raffinato gioiello"(Getto). Nella lirica barocca (D) si ha quindi un ampliamento del poetabile, a cui però non corrisponde mai un approfondimento psicologico o morale. I poeti barocchi privilegiano i dati materiali e oggettuali, funebri e orrorosi, magari e magari rappresentati simbolicamente (il teschio, la tomba).
Il gusto per lindagine del reale trova ampio sfogo anche nellambito delle arti figurative; ovunque si affermano nuovi generi che, pur ritenuti marginali, hanno un fiorente sviluppo. Tra questi il più significativo è quello della Natura Morta. Le cause che determinarono laffermarsi di tale genere in Europa e in Italia alla fine del Cinquecento furono disparate. Un primo riferimento è alla ininterrotta tradizione della cultura mediterranea nel rappresentare il mondo del reale in una coerente unità. Questo porta allisolamento della scena e alla possibilità di considerare il soggetto inanimato non più come corredo della figura umana, ma come autonomo protagonista. Un secondo riferimento va invece alla tradizione nordica che presenta unattenzione al particolare già espressa nella rappresentazione delle storie sacre, nel ritratto e nel paesaggio. Sicuramente anche lattenzione scientifica, legata alla corporeità delloggetto più che alla sua idealità, concorre nellaffermare questo tipo di pittura; lopera dei botanici Cressner e Fuchs, per esempio, rende necessario rinnovare liconografia tradizionale degli erbari medioevali per unicona più rispondente allosservazione diretta. In sostanza, il concetto fondamentale e fondante della pittura di nature morte è la convinzione che loggetto rappresentato, sia esso un vaso di fiori che un cesto di frutta, abbia la stessa dignità di soggetto pittorico quanta ne può avere la figura umana. Il Caravaggio (SB), nella sua pittura, afferma chiaramente un interesse per il soggetto inanimato, non più periferico alla figura umana, ma centrale ed esauriente. Con opere quali la "Canestra di frutta" (1596) Caravaggio conferì alla natura morta italiana piena autonomia di sviluppo; cimentandosi nel processo mimetico nei confronti del mondo naturale lartista pervenne ad una resa quasi tangibile del reale e, a differenza degli esempi fiamminghi, ad uninterpretazione unitaria basata su valori essenzialmente plastici. Lesperienza di Caravaggio, che conferì alla natura alta dignità rappresentativa, impresse al genere una nuova formulazione poi assimilata dalla cultura italiana ed europea.
Il Relatore:
Luca Lazzarelli