LO SVILUPPO DELLA SCIENZA NEI RAPPORTI SOCIO-ECONOMICI DEL XVI E XVII SECOLO

Sulla pagina relativa all’Atomismo, abbiamo messo in evidenza quali siano le potenziali implicazioni tra tale filosofia e le caratteristiche salienti del nuovo pensiero scientifico sviluppatosi alla fine del cinquecento.

Dobbiamo chiederci per quali ragioni la scienza, come noi la intendiamo, si sia sviluppata a partire dal XVI secolo, dobbiamo cioè individuare quali nuovi fattori e condizioni abbiano consentito lo sviluppo della scienza e quali lo abbiano ostacolato fino a quel momento. Dobbiamo innanzitutto considerare il pensiero scientifico sul piano concettuale, perché muovendo da esso risulterà più facile giungere a conclusioni soddisfacenti.

Il nuovo pensiero riassume e concretizza tutta la sua originalità in una visione del reale e della natura del tutto sconvolgente e innovativa rispetto alle precedenti filosofie. la natura diviene infatti l’unico obbiettivo dello studio razionale ed è intesa unicamente come oggetto dell’analisi, viene quindi liberata da caratteri soprannaturali. La realtà non è più subordinata a fini spirituali e a desideri umani, è studiata come ordine oggettivo e come tale, senza che si facciano di essa deformazioni volte a giustificare qualsivoglia evento oltre la natura stessa.

A quest’aspetto di rinnovamento nella concezione del pensiero se ne accompagna un altro altrettanto importante: il concepire la natura come ordine causale, non più inteso nei termini aristotelici stabiliti dall’introduzione appunto delle quattro cause (formale, materiale, efficiente, finale); delle quali risulta ammessa solo quella efficiente, perché ciò che preme al nuovo pensatore è di conoscere le leggi che determinano i fatti e non la ragione metafisica per cui questi avvengono, né la loro finalità. Esclusa quindi la ricerca di un fine insito nei fenomeni naturali, questi divengono una concatenazione di eventi che si verificano in seguito a ben precise cause, tolte le quali diventa impossibile comprendere gli effetti da esse prodotti. Lo scopo dello "scienziato" è appunto quello di individuare e collegare nel giusto ordine cause ed effetti creando in questo modo una rete di relazioni tra i fatti. Relazioni che possono essere espresse tramite leggi definite (D), atte a spiegare e a regolare lo svolgimento di tutti i fenomeni naturali, rendendoli comprensibili. Questa conclusione implica necessariamente che la scienza, per giungere a risultati stabili, debba riferirsi alla matematica, utilizzata come strumento per relazionare i rapporti quantitativi dei fenomeni.

In definitiva, agli scienziati del XVII secolo la scienza si presenta come conoscenza oggettiva della realtà, che tramite un processo di quantificazione può essere espressa da leggi matematiche, divenendo in questo modo una disciplina intersoggettiva, comunicabile e accessibile a chiunque.

Ma cerchiamo ora di comprendere in che modo tale sconvolgente concezione del sapere possa essersi inserita nella situazione sociale e culturale del XVI e XVII secolo, analizzando tanto i fattori stimolanti nei confronti della sua affermazione, quanto le difficoltà incontrate dal nuovo pensiero nel suo sviluppo.

La rivoluzione scientifica deve in primo luogo scontrarsi (vedi anche Fede-ragione) con le convinzioni culturali e morali dell’epoca, trovando un autorevole ostacolo nella teologia, che vede nelle nuove teorie e nei nuovi schemi, un pericolo per tutta la sua struttura portante e per i dogmi (D) principali. Risulta inevitabile infatti il contrasto tra l’intento finalistico proprio della metafisica teologica e cristiana, e la nuova concezione causalistica della natura, che spesso porta a veri e propri stravolgimenti di quella che era fino quel momento la rigida dogmatica scolastica (ST); è il caso dell’elaborazione della nuova teoria cosmologica che mette in crisi il modello Tolemaico (ST)ritenuto imprescindibile. Alcune posizioni assunte dalla nuova scienza sono contestate anche da forze tradizionali quali magia(D) e astrologia(ST) che si trovano spiazzate di fronte al concetto di sapere intersoggettivo e pubblico, il quale mina alla base il fondamento della loro dottrina basata sull’idea di un sapere occulto e riservato a pochi eletti. La scienza moderna quindi, nel suo processo di affermazione si deve scontrare con l’opposizione decisa e a volte autoritaria, è il caso di Galileo Galilei(SB), delle tradizioni culturali e religiose.

A svolgere un ruolo di supporto e, in particolari casi anche di sprone, nei confronti della rivoluzione scientifica, sono invece le emergenti strutture culturali, le classi sociali in ascesa(D) e l’evoluzione dell’economia. Le trasformazioni sociali infatti, con lo sviluppo di nuovi dinamici ceti sociali portano con sé una trasformazione della struttura organizzativa e si traducono nella richiesta di maggiori aiuti tecnici. Proprio la necessità di una tecnica più evoluta che soddisfaccia i bisogni sempre crescenti di un’economia in crescita, accelera il processo evolutivo della scienza, la quale si adopera per fornire all’uomo strumenti che gli consentano di poter migliorare le proprie condizioni lavorative.

Sul piano culturale una parte fondamentale nello sviluppo e nell’affermazione del nuovo pensiero è rivestita dal Rinascimento(D) che porta con sé alcuni aspetti ripresi e fatti propri dalla rivoluzione scientifica. Primo fra tutti, quello della laicizzazione e della liberalizzazione del sapere che pone le basi della ricerca scientifica; ma dobbiamo sottolineare anche la rivalutazione di antiche filosofie e dottrine, quali l’Atomismo, le teorie Pitagoriche, gli studi di Erone e Archimede, portatrici di concetti importanti per lungo tempo ignorati, che si rivelano invece innovativi grazie al loro impiego da parte della scienza moderna. Inoltre nel Rinascimento si diffonde un profondo interesse per la natura, che viene indagata a fondo da pensatori come Telesio(SB), Campanella(SB) e Bruno (SB). Infine l’età della rinascita, rinverdendo il Platonismo e il Pitagorismo, offre alla scienza la convinzione che la natura e la realtà possono essere concepite in termini geometrici e matematici.

Un discorso a parte va riservato all’Aristotelismo (ST), che, essendo una delle più autorevoli e affermate filosofie antiche, fa sentire fortemente la sua influenza nello sviluppo scientifico ma in più direzioni, diverse e contrastanti. Da una parte infatti, costituisce un difficile ostacolo, divenendo lo strumento utilizzato da teologi e scolastici, che vedevano minacciato il loro dogmatico sapere, per confutare le nuove teorie e i nuovi schemi, grazie all’utilizzo della disquisizione basata esclusivamente sulla logica del sillogismo (D) e sul rispetto di una rigorosa serie di passaggi razionali e volta a smontare i nuovi costrutti filosofici la quale però si allontanava spesso dall’effettiva realtà dei fatti per cadere nell’assurdo (vedi la dimostrazione di Don Ferrante, macchietta appunto dell’intellettuale scolastico, sull’inesistenza della Peste, che possiamo apprezzare ne "I Promessi Sposi"). Prendendo però in considerazione l’Aristotelismo rinascimentale, troviamo che è sostenitore di un concetto fondante del pensiero scientifico: quello di concepire la natura come catena causale di eventi.

Relatore:
Giulio Brugoni