RELAZIONE SUL CAPITOLO "IL RIBALTAMENTO DELL’EQUILIBRIO MONDIALE E INTRA-EUROPEO: 1500-1700" DI "STORIA ECONOMICA DELL'EUROPA PRE-INDUSTRIALE"

Una delle peculiarità dello storico Cipolla è il fatto di essere molto rigoroso e preciso nella narrazione degli eventi: non si tratta propriamente di una narrazione, quanto più una argomentazione su quello che il Villari definisce "La crisi del ‘600". Ciò che per Villari è la crisi (D) del ‘600, per Cipolla è una evoluzione ben più complessa: non si tratta infatti solo di crisi se si considera il tutto in un’ottica europea. Tuttavia il termine "crisi" usato da Villari non è privo di fondamento, perché se ci limitiamo ad alcuni paesi, di crisi effettiva si deve parlare. In linea di massima, i paesi che più ne sono colpiti sono la Spagna e l’Italia.

Per quanto riguarda la Spagna è bene tenere presente il suo sviluppo economico: è proprio constatando il fatto che la Spagna, in effetti non l’ha mai avuto un vero e proprio sviluppo economico, che se ne capiscono le cause della crisi. Una delle cause di questo mancato sviluppo è senza dubbio da attribuire alla sua struttura morfologica. La Spagna non è una terra ricca, solo il 38% di essa può essere considerato arabile, il 47% è terreno da pascolo, il 10% da bosco, mentre si ha un 6% che rimane inutilizzato. Cipolla prende come esempio la Spagna anche per dimostrare che la "domanda" è elemento necessario, ma tutt’altro che sufficiente per attuare lo sviluppo. Afferma infatti che l’afflusso massiccio di oro e argento dalle Americhe, e l’accrescersi della effettiva domanda, cioè richiesta del prodotto stesso, avrebbero potuto sviluppare notevolmente l’economia del paese.

Cipolla giudica controproducente ai fini di una maggiore produttività la stessa politica economica del paese, troppo altalenante tra liberismo (D) e protezionismo (D). Cita anche una interpretazione di Jean Bodin che attribuisce alla Spagna una eccessiva dipendenza dalla Francia per quanto riguarda l’importazione delle materie prime.

Parallelo al declino Spagnolo si produsse il declino dell’Italia. Nel medioevo l’Italia aveva una condizione avanzata, o almeno in parte avanzata, ora non solo perde il primato ma entra proprio in crisi. Tutto comincia quando vengono meno gli ordinamenti comunali e si instaurano le Signorie: le masse cominciano a sentirsi sempre più alienate dall’amministrazione pubblica ed il "merito" del singolo viene subordinato a discriminazioni di vario genere (da notare il contrasto con lo spirito Calvinista). Le attività artigianali cominciano ad essere viste come attività volgari che relegano chi le esercita ai livelli più bassi della società. Cipolla analizza anche in modo molto dettagliato e con dati precisi la specifica situazione di alcune città d’Italia. La seconda metà del ‘500 è definita come "l’estate di San Martino" dell’economia dell‘Italia centro-settentrionale. Si rafforzò in questo periodo l’ordinamento delle corporazioni, il numero delle corporazioni (D) crebbe in modo spaventoso, irrigidendo la struttura produttiva del paese. L’Italia è fondamentalmente priva di materie prime, e la prosperità dipende principalmente dalla sua capacità di esportare un’alta percentuale delle manifatture e dei servizi prodotti. La crisi dell’Italia è integrata in un contesto ben più ampio di crisi, infatti nel momento in cui crollano il mercato spagnolo, quello tedesco e quello turco, non c’è evidentemente più posto per l’Italia che ormai ha assunto un ruolo di produttore marginale. Il prodotto italiano perse lentamente il suo ruolo e scomparve non solo dai mercati stranieri, ma anche da quelli dell’Italia stessa. Tutto questo fondamentalmente perché i prodotti inglesi, francesi o olandesi erano offerti a prezzi più bassi. Ma da cosa deriva questa differenza di prezzo? Semplicemente dal fatto che il prodotto italiano era (secondo Cipolla per "orgoglioso tradizionalismo") di qualità superiore. La ragione per cui il prodotto italiano è più caro non è solo il fatto che è di migliore qualità, ma anche perché si dovevano sostenere costi di produzione più elevati, e ciò dipendeva principalmente da tre cause: 1) un eccessivo controllo delle corporazioni costrinse a lavorare con metodi di produzione superati, 2) una pressione fiscale mal congegnata, ed infine 3) l’eccessivo costo del lavoro in Italia rispetto ai paesi concorrenti. Tutto ciò comportò la crisi che si può riassumere come articolata su tre punti fondamentali: 1) ci fu un drastico declino delle esportazioni, 2) mancarono per molto tempo gli investimenti manifatturieri, armatoriali e bancari, 3) lo spostamento dai centri urbani a piccoli centri rurali dove era possibile costo del lavoro più basso, meno controlli fiscali, meno controlli delle corporazioni. A tutto ciò bisogna aggiungere anche una arretratezza tecnologica. In tutto questo panorama di crisi, l’unica eccezione è forse Genova che fu per molto tempo uno dei più grossi centri finanziari anche per la sua favorevole posizione geografica.

E’ ora il momento di parlare dell’altra "faccia" della medaglia, quell’aspetto che forse Villari non mette molto in evidenza, cioè a dire che il ‘600 non è crisi per tutti i paesi. Al contrario ora analizzeremo il caso di Inghilterra e Olanda che furono paesi caratterizzati da un accentuato sviluppo.

L’Olanda è un paese già sviluppato, ma in questo periodo va ad irrobustire quelle "parti" della regione che prima erano arretrate. Generalmente si distingue in Paesi Bassi Meridionali e Paesi Bassi Settentrionali. Nei secoli XI-XV i primi ebbero uno straordinario sviluppo economico, e la parte settentrionale non stette al passo di questo sviluppo. Principalmente si sviluppò il settore tessile e manifatturiero ed in questo periodo si hanno i più famosi pittori fiamminghi che con il loro colore disegnarono alcuni fra i più grandi capolavori di tutti i tempi. L’economia della parte settentrionale è principalmente basata sull’agricoltura, sull’allevamento e sulla pesca. Anche il commercio era sviluppato ed era rivolto soprattutto verso il Baltico. Durante la rivolta contro la Spagna ci fu un difficile periodo per la parte meridionale, ma gli Olandesi rimasero di fatto i padroni del mare, e tramite varie azioni riuscirono a stabilire il loro successo. In questo periodo è molto diffusa l’emigrazione così ad esempio la Spagna arricchì involontariamente il suo nemico acquistandovi le armi. Questo paese ha anche saputo sfruttare ciò che la natura gli ha fornito, cioè, pur essendo povero di alberi, ha tratto energia dai depositi di torba. Per ridurre il costo della produzione poterono contare su un basso costo del denaro. Il successo degli Olandesi destò molta ammirazione da parte degli altri paesi, ed in particolare dei loro "vicini", gli Inglesi.

Anche l’Inghilterra, parallelamente ai Paesi Bassi visse il ‘600 come un secolo di crescita. Il commercio marittimo e la produzione di lana furono un’enorme fonte di guadagno. Ad esempio, ciò che nelle esportazioni determinò lo sviluppo dell’Inghilterra fu il fatto che anziché esportare materie prime (lana o pannilana) cominciò ad esportare anche prodotti finiti. Gli Inglesi in un primo tempo portavano il "tutto" negli empori dei Paesi Bassi che, fungendo da intermediari, avevano diretti contatti con i principali acquirenti. Successivamente furono direttamente loro a gestire le esportazioni con i diversi paesi. Cipolla parla di un asse "di prosperità" Londra-Anversa, ed è innegabile che tutto questo traffico fu di esclusivo controllo inglese. L’Inghilterra è ora quindi un paese prospero e dinamico che si sta mettendo in linea con i più avanzati paesi del tempo. Non dobbiamo tralasciare il fatto che tutto ciò fu possibile a causa della "favorevole politica del governo. La politica in questione fu principalmente di tipo mercantilistico (ST)-protezionistica ed ebbe ottimi risultati. Favorì l’immigrazione cioè un afflusso di forza lavoro. Veramente importanti furono gli atti di navigazione (Navigation Act), il primo dei quali fu imposto nel 1651. Concordemente a questo atto, tutte le merci provenienti da paesi extra-europei dovevano essere trasportate solo ed esclusivamente su navi inglesi, gallesi o irlandesi. Analogamente anche tutte le esportazioni verso le colonie dovevano essere effettuate con navi inglesi, gallesi o irlandesi. Tutto ciò fornisce un quadro dell’Inghilterra pienamente positivo e rivela una notevole apertura mentale. Anche il patrimonio boschivo, che era pur ridotto, fu ampiamente sfruttato e lo stesso dicasi per il carbone.

Relatore:
Luca Torre