MASTRO DON GESUALDO

Il romanzo di Verga fu pubblicato per la prima volta fra il luglio e il dicembre del 1888 nei fascicoli della “Nuova Antologia”. Verso la fine dell’anno successivo venne stampato a Milano dall’editore Treves in volume, riel e Scipioni, L’Uomo di lusso), finalizzati a spiegare la tesi secondo cui l’uomo, qualunque sia la sua posizione nella vita, è un vinto della vita stessa e deve arrendersi al destino. Quasi tutti gli episodi del romanzo si svolgono a Vizzini, un paese in provincia di Catania; solo verso la fine la scena si sposta a Palermo. Le vicende abbracciano un ampio periodo di tempo, e cioè gran parte della prima metà dell'Ottocento: dal 1820 al 1850 circa. Nel romanzo ci sono due riferimenti cronologici assai precisi: i moti del 1820 e quelli del 1848, nei quali don Gesualdo si troverà coinvolto in vari modi. Al tempo dei primi egli sarà nel pieno della sua attività e avrà sposato da pochi mesi Bianca Trao; durante i secondi gli morirà la moglie e in lui stesso appariranno i segni minacciosi del male, che non molto dopo lo porteranno alla morte. Una data intermedia è quella del 1837, l'anno del colera scoppiato in Sicilia. Un fatto, questo, che avrà notevoli conseguenze nello svolgimento del romanzo, per l'innamoramento della figlia di Gesualdo, Isabella, col cugino Corrado La Gurna.
Il manovale mastro Gesualdo Motta è diventato “don” dopo una lunga serie di sacrifici. Dopo la ricchezza, la sua promozione sociale dovrebbe essere sancita dal matrimonio che lo lega ad una famiglia nobile ma economicamente rovinata: nonostante abbia già avuto due figli da Diodata, l’unica donna che lo ha realmente amato, si sposa con Bianca Trao, ma non per questo diviene membro del suo mondo. La moglie, del resto, non lo ama e quando lo ha sposato era già incinta in seguito ad una relazione col ricco cugino Ninì Rubiera, che la madre di questi aveva impedito si concludesse con un matrimonio. Nasce Isabella, che da grande si vergognerà delle umili origini del padre “apparente” e sposerà, anche lei come la madre, per riparare, un duca squattrinato e dissipatore della dote e dei beni di Gesualdo. Il romanzo si conclude con la scena della morte in solitudine del protagonista, relegato in una stanza del palazzo del genero a Palermo, abbandonato dalla figlia e irriso dai servitori.        
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