PIETRO, CIECO DI FRONTE ALLA REALTA'
Una
delle tematiche fondamentali del romanzo Con
gli occhi chiusi di Tozzi è il rapporto conflittuale fra il
docile Pietro e il padre-padrone Domenico. Il carattere di Pietro si sviluppa in
modo complementare a quello del padre, per una sorta di processo di inibizione,
così che per quanto Domenico sia forte, superbo, deciso, violento,virile, un
vero uomo che si è fatto da sé, simbolo della crescente classe borghese, e
orgoglioso per questo, Pietro si mostrerà pian piano
fragile, pauroso, incapace di affrontare la realtà con coraggio e
caparbietà, desideroso di sfuggire i problemi, inetto.
La storia del romanzo
inizia quando Pietro ha tredici anni, in piena pubertà, il suo carattere non è
ancora spiccatamente delineato, ma il rapporto con il padre si rivela subito
complesso. Domenico padrone di una trattoria e di un podere, è così abituato
ad essere superiore agli altri che spesso crede di essere anche padrone delle
persone, è così infatti che lo vediamo porsi anche nei confronti del figlio:
crede che sia preciso dovere di Pietro comportarsi secondo la sua volontà. Come
può quindi accettare un figlio che non vuol continuare il suo mestiere, ma
preferisce invece studiare? Questa decisione del giovane viene fortemente
contrastata da Domenico, che crede corretto dissuaderlo da questa idea per lui
assurda, senza dare spazio a nessun suo desiderio, pensando di sapere, soltanto
perché padre, cosa sia giusto per il proprio figlio. Inoltre subito mostra la
sua virilità, ridicolizzando il giovane agli occhi di Ghisola, ostentando la
sua forza , e persino molestando le contadine, tanto che Pietro "con gli occhi socchiusi, si
volta dalla parte opposta, arrossendo". Anche la sua violenza si mostra
subito in primo piano, con gesti di prepotenza e di vera crudezza.
Il disagio di
Pietro di fronte al mondo diventa sempre più marcato. Ma questo disagio è
propriamente legato al rapporto con il padre: che lo umilia continuamente,
soltanto perché “diverso” da lui, che gli inculca giorno per giorno, il
senso della propria inferiorità e inettitudine. Il padre domina come un tiranno
tutti i rapporti, in famiglia, nel lavoro, ostacolando ogni tentativo del figlio
di crearsi una vita propria, tanto da schiacciarlo. Arriva
quindi a volergli imporre il suo stesso lavoro e anche a cacciare la
giovane Ghisola, quando si accorge delle simpatie fra i due.
Egli detiene il
monopolio della forza vitale, e cerca di privare il figlio di quella poca
virilità che ha, quasi per eliminare ogni concorrente che potrebbe minare il
suo ruolo. Pietro rifiuta il padre, ma non ha la forza di ribellarsi apertamente
a lui, si chiude in una resistenza passiva, subisce le sue percosse, lo odia
profondamente, ma allo stesso tempo prova ammirazione nei suoi confronti, stima
le sue doti di uomo coraggioso, quelle doti che lui non ha.
Per sottolineare
questo divario il narratore usa un espediente, quello degli sguardi: mentre gli
occhi di Pietro si abbassano, si chiudono, non hanno il coraggio di guardare,
quelli del padre sembrano voler ribadire ed
evidenziare che il figlio è un debole, un incapace. Ma il punto di vista della
narrazione è quello di Pietro, è dai suoi occhi che la vicenda ci è
disvelata, risulta così più netta e definita la sua personalità, che viene
espressa dai suoi pensieri e dalle riflessioni, si può così capire la sua
interpretazione della realtà.
Anche in questo il padre è in contrapposizione,
la sua interiorità non è direttamente espressa, ma si può ricavare dai
comportamenti, Domenico è uno che agisce, il pensiero passa in secondo piano.
Il narratore inoltre non ha un controllo totale sulla vicenda che narra, così
il principio del narratore onnisciente, come in Manzoni, ma anche il controllo
impersonale ed oggettivo dei naturalisti, vengono meno e sono ribaltati. Il
tempo della narrazione spesso non coincide con il tempo dell’azione, alcuni
episodi sono sviluppati in modo eccessivo, prolungati fortemente, l’attenzione
cade spesso su particolari che sembrano inutili, ma ciò accade perché questi
episodi rimangono impressi profondamente nella mente di Pietro, per esempio la
castrazione degli animali, quando egli si immedesima inconsciamente negli
animali umiliati e sofferenti, per l’operazione subita; altri invece che
sembrano essere basilari, sono soltanto accennati o taciuti,oppure trattati con
distacco, perché Pietro non è stato toccato particolarmente, o perché in quel
momento non li comprendeva fino in fondo, come per esempio la morte della madre.
Dopo la morte di lei, Anna, una donna debole, malata, succube del carattere
esuberante del marito, gli atteggiamenti di Domenico iniziano a mutare, "a
poco a poco sentì il suo dolore.Tutta la sua enorme violenza ora, gli pareva cambiata in paura", egli si accorge di non
provare affetto per il figlio, quasi se ne dimentica, è così preso dal lavoro
che nemmeno si degna di lui, e quando se ne ricorda sembra che lo voglia
sfuggire. Non si occupa più di lui in modo costante, "lo lasciò quasi libero, ma di rado quando se ne pentiva, lo trattava senza riguardi, e con una violenza
spropositata. "
Pietro approfitta di questo momento per acquisire un po’ di
indipendenza, per crearsi una vita sua, Domenico lascia che gli avvenimenti
prendano il loro corso, consapevole del fatto che ormai il ragazzo sfugge alla
sua volontà, però la sua avversione per Pietro non scompare, egli arriva a
considerarlo "un idiota qualunque",
e non perde mai l’occasione per ribadirglielo. Pietro riesce ad iscriversi
all’Istituto Tecnico di Firenze e a raggiungere una certa indipendenza, ma a
questo punto come sottolinea il narratore "fu
la completa sparizione d’ogni legame tra padre e figliolo".
La figura di
Domenico va gradualmente perdendo la propria importanza, viene chiamato in causa
raramente, i due non si danno più troppa considerazione, evitano di parlarsi,
si ha un picco di tensione soltanto quando Pietro comunica al padre di voler
sposare Ghisola , "egli non gli risponde ma
si sentì aizzato contro di lui come
la volpe quando le hanno accesa la paglia dentro la tana". Quando il racconto
finisce il loro rapporto è ridotto ad un reciproco scambio di silenzi, e di
risposte mancate.
Alla fine la personalità di Pietro è il risultato della
violenza psicologica che egli ha subito dal proprio padre, il quale con i suoi
soprusi lo ha condannato ad affrontare la vita “con gli occhi chiusi”.
Questo atteggiamento sembra richiamare simbolicamente il gesto di Edipo, il
quale secondo la mitologia greca, si sarebbe accecato per autopunirsi dopo aver
scoperto di aver ucciso il padre e di aver sposato la madre infatti in questo
romanzo possiamo trovare anche quello che Freud definisce complesso di Edipo,
per cui si manifesta un forte attaccamento per il genitore di sesso opposto, e
un atteggiamento ambivalente di affettuosità, ma soprattutto di odio e gelosia,
nei confronti del genitore dello stesso sesso.
Relatrice: Vania Mearelli.