Rivoluzione Demografica

Nel periodo preindustriale, il tasso di natalità superava quello di mortalità soltanto del 5-10% e pertanto, l’incremento della popolazione era minimo e diventava addirittura negativo nei cosiddetti “punti tristi”, ovvero guerre, carestie, epidemie. Negli anni tra il 1750 e 1840 la popolazione inglese, che contava circa 6 milioni di abitanti, raddoppiò, poiché i progressi della medicina, le migliori condizioni igieniche, un’alimentazione più adeguata, contribuirono ad aumentare la durata della vita e migliorarne la qualità. (Cartiglia)

Rivoluzione Agricola

La rivoluzione agricola si basò sull’adozione di nuove tecniche produttive, sulla recinzione dei campi, sul cambiamento della mentalità imprenditoriale. Per quanto riguarda le tecniche, vennero introdotte l’aratura sistematica, nuove rotazioni agrarie con le foraggiere, la coltivazione di nuove piante alimentari di provenienza americana, quali la patata e il mais, l’uso di trebbiatrici e di macchine per la semina del grano; progressi che consentirono di debellare le carestie. Nell’ultimo secolo, i terreni coltivati con il sistema degli open fields vennero organizzati in bocage, articolati in enclosures, campi recintati con reti e muretti, a forma irregolare, con case al centro dei terreni e colture scelte dai proprietari, i quali vi lavoravano con sistemi di sfruttamento intensivo. La figura del contadino, che produce per l’autoconsumo, venne progressivamente sostituita da quella dell’imprenditore agricolo, che fa profitti, esporta le eccedenze, accumula capitali e risulta essere una figura fondamentale per lo sviluppo del paese: provvede al sostentamento della popolazione in aumento e crea una riserva di capitali, determinante per finanziare il nascente sistema di fabbrica. (Cartiglia

Rivoluzione Commerciale

La prosperità del commercio britannico era dovuta allo sviluppo di un impero coloniale, che permetteva di entrare in comunicazione con molte parti del mondo, e ad una flotta tecnicamente avanzata, ricca sia di navi da carico che da guerra. Il commercio ha contribuito ad accelerare la rivoluzione industriale in quanto ha creato la domanda per i prodotti dell’industria britannica, ha consentito l’accesso alle materie prime e ha permesso ai paesi d’oltreoceano di acquistare dei prodotti che non sono in grado di realizzare, creando così un utile che poté essere impiegato per finanziare le attività industriali. A questo si aggiunse la creazione di un vasto mercato nazionale con l’unificazione delle corone inglese e scozzese: la Gran Bretagna divenne uno stato unitario e furono abolite le dogane interne. Si creò così un mercato nazionale abbastanza vasto in cui le merci potevano circolare liberamente perché non gravate da dazi. Il commercio si avvantaggiò della presenza di mercati esteri protetti, come quello irlandese e quelli delle colonie in Africa, nelle Indie Occidentali e soprattutto nel nord America. (Cartiglia)

Rivoluzione dei trasporti

A questo proposito si sviluppò  un importante concetto economico, quello di “capitale sociale fisso”. Il capitale fisso sociale è un’attrezzatura talmente costosa da non potere essere pagata da un solo privato. Quando la mano pubblica o un consorzio di imprenditori intervengono nelle cosiddette “infrastrutture” (ponti, strade, porti, canali) si ha la creazione di un capitale  fisso (un bene durevole, destinato alla produzione) sociale (a disposizione di tutti o di molti). Il capitale fisso sociale richiede forte esborso di denaro, ha periodi lunghi di costruzione e prima di dare un utile,  da benefici che ricadono indirettamente su tutta la comunità.
In Inghilterra il simbolo della rivoluzione dei trasporti è stato il canale. Le strade erano ancora sconnesse per trasportare i prodotti pesanti e, pertanto, l’acqua si presentava come il mezzo più agile di trasporto di prodotti ingombranti. In questo l’Inghilterra risultò fortemente avvantaggiata, in quanto nessuna parte del suo territorio distava più di 200 km dal mare e aveva fiumi in quantità, facilmente navigabili e collegabili l’uno con l’altro. (Cartiglia

Rivoluzione della tecnica

L’evoluzione della tecnica e della scienza, il ritmo incalzante delle invenzioni e delle innovazioni, il numero molto alto di brevetti richiesti tra fine Settecento e primi Ottocento, furono sorprendenti nella storia dell’Inghilterra di quegli anni. Per progresso tecnologico si intende un connubio tra invenzione, innovazione e diffusione: l’invenzione, dal punto di vista tecnologico, definisce una novità brevettabile di natura meccanica, chimica o elettrica (l’invenzione in quanto tale non ha un particolare significato economico) e, nel momento in cui viene inserita in un processo economico, diventa innovazione. Infine, quando un’innovazione si propaga in un’industria, da un’industria all’altra e a livello internazionale superando le frontiere geografiche, l’innovazione diventa diffusione. (Storia economica del mondo. Dalla preistoria a oggi)
Negli decenni della rivoluzione industriale, la carica innovativa di un’invenzione dipendeva soprattutto da quanto potesse o eliminare una strozzatura nella produzione, o liberare l’espansione dell’offerta, o soddisfare richieste non coperte.
Negli anni dal 1733 al 1795,  il ciclo produttivo nell’industria tessile era caratterizzato da sfasature, causate dapprima da uno squilibrio generato dall’accelerazione del processo di tessitura (con l’invenzione della navetta volante di Kay, i tessitori incrementano notevolmente la loro produzione e chiedono un maggiore rifornimento da parte dei filatori, che tuttavia non sono in grado di esaudire la richiesta dal momento che lavoravano ancora a mano), poi dal rovesciamento della situazione (negli anni 1760 e 1780) con l’accelerazione del processo di filatura. La situazione si stabilizzò soltanto con l’invenzione del telaio meccanico di Edmund Cartwright e con il filatoio automatico di Richard Roberts.
Il decollo dell’industria, per esser sostenuto, aveva bisogno di nuove fonti di energia, dal momento che il legno, essendo impiegato sia per la costruzione che come combustibile, era scarsamente disponibile e l’energia idraulica e del vento erano vincolate dalle condizioni climatiche e dall’intrasportabilità. Un determinante risultato fu quello di adottare come fonte di energia il carbone, decisamente più abbondante del legno.
Le due invenzioni fondamentali che resero possibile il passaggio a questa nuova fonte di energia sono:

  1. La macchina a vapore, costruita da James Watt nel 1775, che fornì un’energia pienamente controllata dall’uomo, né discontinua, né vincolata all’ambiente come quella eolica o idraulica: applicata ai congegni per il pompaggio dell’acqua nelle miniere, rese economica l’estrazione del carbone da giacimenti anche profondi, applicata all’industria, meccanizzò filature, tessiture, fabbriche di birra, mulini, cartiere; applicata alla locomotiva diede l’avvio all’età delle ferrovie.

  2. Il processo di pudellaggio e laminazione, progettato da P. Onions e da  H. Cort nel 1784: permise di produrre a bassi costi la ghisa; ampliò il campo di utilizzo del ferro, che da quegli anni divenne il materiale di base per un gran numero di  costruzioni, sostituendo il legno; il ferro ha usura limitata, è resistente agli urti e facilmente forgiabile. (Cartiglia

Rivoluzione del lavoro

Con la rivoluzione industriale, la figura dell’operaio si sostituì a quella dell’artigiano e rispetto a quest’ultimo, presenta numerose differenze. L’operaio non possedeva più gli attrezzi con cui lavorava, perché le macchine erano del proprietario della fabbrica; era formalmente libero, e otteneva un salario in cambio del lavoro; era costretto non a usare, ma a “servire” la macchina, che doveva essere continuamente alimentata, mai lasciata in riposo; gli operai erano radunati in un sol luogo, erano tenuti a lavorare per un tempo determinato e sorvegliati. Fino a quando le macchine erano mosse da energia idraulica, lo stabilimento doveva necessariamente sorgere sulle rive di un fiume, necessità che vincolava il datore di lavoro alla manodopera locale. Attestato l’impiego del vapore, le fabbriche poterono sorgere nelle grandi città, dove l’offerta di manodopera superava di gran lunga le richieste.
La potenza industriale inglese è contrassegnata da un forte malessere sociale : uomini, donne, bambini, lavoravano per 10-12 ore al giorno in turni continui (i lavori che richiedono poca forza, come quelli del settore tessile, potevano essere svolti, indifferentemente, da uomini, donne, fanciulli). (Cartiglia)