Fusione

La reazione di fusione ha luogo quando due nuclei leggeri si uniscono per darne uno più pesante. Questo processo si verifica se gli atomi interessati entrano in collisione con un’energia cinetica elevatissima, tale da consentire loro di vincere la repulsione coulombiana dei nuclei, e ciò avviene se essi si trovano a temperature di decine di milioni di gradi. A tali temperature gli edifici atomici scompaiono e si forma una miscela gassosa di nuclei ed elettroni liberi che viene detto plasma. Naturalmente l’energia cinetica necessaria deve essere tanto maggiore quanto più elevato è il numero atomico dell’elemento ed è per questo che avviene più facilmente la fusione di atomi estremamente leggeri.
Nella reazione di fusione nucleare si ha un enorme sviluppo di energia, corrispondente anche qui al difetto di massa, e di gran lunga superiore a quello delle reazioni di fissione: nella fusione lo 0,7% della massa in gioco è trasformata in energia, mentre nella fissione soltanto lo 0,09%.
La grande quantità di energia che si libera continuamente nell’universo proviene da reazioni di fusione che si realizzano nelle stelle, tra cui quella enormemente più diffusa è la trasformazione di idrogeno in elio.

La fusione nucleare a caldo.

La bomba a idrogeno ad esempio sfrutta la fusione nucleare innescata tramite l’energia sviluppata da una bomba a fissione (bomba atomica).
Le ricerche sulla fusione nucleare controllata, per produrre energia a scopo pacifico, ebbero inizio negli anni ’50 grazie agli studi di Teller, ma i grossi problemi tecnici che tale processo comporta hanno impedito per ora di arrivare a risultati definitivi. I dispositivi più validi, che finora sono stati costruiti per contenere e riscaldare il plasma per la fusione atomica, sono i Tokamak, recipienti circondati da avvolgimenti elettrici che creano un campo magnetico capace di tenere il plasma lontano dalle pareti dei contenitori, poiché non esiste materiale noto in grado di resistere a quelle enormi temperature.
Dal novembre 1991 la fusione nucleare a caldo è una realtà: lo storico esperimento è avvenuto a Culham in Inghilterra, dove, con la collaborazione di 12 paesi (tra cui anche l’Italia) è stato realizzato un dispositivo chiamato JET (Joint European Torus) dove per 1,8 secondi gli scienziati sono riusciti ad ottenere una temperatura di 300 milioni di gradi. Due isotopi dell’idrogeno, deuterio e trizio, portati a un così alto livello energetico, si sono fusi generando nuclei di elio e liberando una quantità di energia superiore al milione di watt.
Possiamo quindi dire che grazie alla reazione di fusione nucleare, l’uomo è arrivato a:

  1. Costruire bombe H (a fusione nucleare)
  2. Capire che attraverso reazioni di fusione nucleare le stelle producono energia.
  3. Ricostruire le fasi primordiali attraverso le quali, dopo il "Big Bang" si è organizzata la materia cosmica.

La fusione nucleare a freddo.

Nei primi mesi del 1989 una notizia del tutto inaspettata ha risvegliato enorme interesse in tutto il mondo scientifico: due scienziati americani, Fleischmann e Pons, comunicarono di aver realizzato una reazione fusione nucleare a freddo, per via elettrochimica.
L’esperimento consiste nella realizzazione di una cella elettrolitica contenente acqua pesante (D2O), in cui il catodo è costituito da una bacchetta di palladio (Pd) e l’anodo da una spirale di platino (Pt). I due elettrodi vengono collegati con un generatore di corrente continua, che fornisce tensione alla cella. Gli ioni deuterio (D+) migrano verso il Pd, mentre le cariche negative si dirigono verso il Pt.
L’idea dei due scienziati è quella di osservare il comportamento del Pd, che ha la proprietà di assorbire grandi quantità di deuterio: in queste condizioni si produce, secondo loro, una notevole quantità di energia, decisamente superiore a quella di una normale reazione chimica esotermica. Ciò fa quindi presupporre che nel Pd avvenga una fusione di tipo nucleare e quindi troppo ottimisticamente, la notizia fa pensare ad una rapida soluzione dei problemi energetici mondiali attraverso la reazione di fusione atomica. In questo caso in realtà si producono sì dei neutroni, ma in misura assai inferiore al previsto in base al calore sviluppato (1/10). Esperienze simili riprodotte in vari paesi, tra cui il Giappone, hanno confermato la validità della teoria, ma i risultati pratici fin qui conseguiti non sono per ora tali da far pensare ad una qualche utile applicazione pratica della fusione a freddo.