I MALAVOGLIA

Verga cominciò nel 1875 la stesura del bozzetto marinaresco Padron ‘Ntoni, ma dopo la sua conversione al verismo, abbandonò il modello del bozzetto e cominciò a parlare dello stesso tema in modo completamente diverso, progettando un romanzo intitolato appunto I Malavoglia
Il romanzo, pubblicato nel 1881 narra le vicende di una famiglia di Aci-trezza, presso Catania, i Toscano, conosciuti da tutti come i Malavoglia. La famiglia è composta da otto persone: il nonno, padron ‘Ntoni, suo figlio Bastianazzo con la moglie Maruzza, ed i loro figli ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia
I Malavoglia sono pescatori; tutti, in antitesi con il loro nome, si danno da fare per migliorare le condizioni economiche della famiglia. In questo intento padron ‘Ntoni compra a credito dall’usuraio del paese, lo zio Crocifisso, un carico di lupini da rivendere a Riposto; ma la barca, la Provvidenza, fa naufragio. Muore nell’incidente Bastianazzo e viene perso il carico dei lupini. 
Da questo momento in poi i Malavoglia dovranno affrontare una serie di avversità per pagare il debito. ‘Ntoni torna in anticipo dal militare. Tutti i componenti della famiglia lavorano per riuscire a sollevare la famiglia dalla condizione di miseria in cui era piombata. Luca, il secondogenito, parte per il servizio militare; morirà nella battaglia di Lissa.
Nel frattempo viene rimessa in mare la Provvidenza; nonostante questo, la famiglia è costretta a vendere la casa del nespolo, simbolo dell’unità familiare. Muore anche Maruzza di malaria. La Provvidenza si sfascia di nuovo ed il nonno è duramente ferito. ‘Ntoni, che dopo il ritorno dal militare e l’abbandono di Barbara non riesce più a vivere al paese, se ne va, ma tornerà più povero di prima, accolto comunque da quel che resta della sua famiglia. Mena dovrà rinunciare a sposare il povero Alfio Mosca; ‘Ntoni non potrà sposare Barbara, si darà al contrabbando finendo miseramente in galera per aver ferito un brigadiere che corteggiava la sorella più piccola, Lia. L’avvocato fece notare alla corte che il comportamento di ‘Ntoni era di protezione verso la sorella, mentre ‘Ntoni era del tutto all’oscuro della relazione. A causa dello scandalo sollevato durante il processo Lia abbandona Trezza per finire, poi si saprà, nelle vie della prostituzione. Alessi sposa Nunziata, una vicina di casa, e riscatterà la casa del nespolo, ricostituendo il focolare domestico. Padron ‘Ntoni, poco prima del ritorno alla casa del nespolo, muore. Mena resta con Alessi e Nunziata ed accudisce i loro figli.
‘Ntoni, uscito di galera, torna al paese, ma si rende conto di non poter restare perché si sente indegno del focolare domestico, di cui ha infranto le leggi e la sacralità.
 
I Malavoglia
è il primo romanzo del Ciclo dei Vinti, che non fu mai terminato. Verga, rifacendosi all’opera di Zola ed al suo positivismo, riconosce la teoria del Darwinismo sociale, secondo la quale vi è una continua selezione che provoca vincitori ed appunto vinti. Egli si pone dal punto di vista dei vinti, ma, a differenza di Zola, non ha alcuna fiducia nel progresso. I due protagonisti, padron ‘Ntoni e il giovane ‘Ntoni sono dei vinti, destinati al fallimento, l’uno a causa del commercio dei lupini, l’altro per essere venuto a contatto con la realtà del Continente, entrambi nell’intento di migliorare la propria situazione economica.
Riflettendo sui luoghi, i tempi e gli spazi di collocazione dell’opera, osserviamo che
la vicenda narrata si svolge a partire dal dicembre 1863 per circa otto anni in un ambiente come quello siciliano, quello del recentemente nato Regno d'Italia, che ha portato grandi e poco graditi cambiamenti nel Sud Italia ex-borbonico, come tasse più pesanti, e soprattutto la leva obbligatoria, che è alla base di tutte le tragedie del romanzo, con la partenza di 'Ntoni, e quella successiva di Luca.
L’aspetto che, dal punto di vista stilistico, rende I Malavoglia un romanzo del tutto nuovo è l’assenza totale della voce dell’autore: la voce narrante si identifica con l’intera comunità di Trezza. Anche dal punto di vista linguistico Verga si rivela innovativo: egli fa uso di una lingua nuova, tra italiano e dialetto siciliano, in modo da rendere ancora più realistica la narrazione. Infatti il lessico è quello che si usa abitualmente nella vita di un piccolo paese: non ci sono espressioni complicate o eccessivamente formali, oltre al "voi" usato in ogni caso con tutti e da tutti.
I discorsi si svolgono prevalentemente con un registro molto informale, e gli argomenti sono tutti riguardanti la vita monotona e ripetitiva del paese. Il frequentissimo uso del dialogo è una tipica espressione del realismo del Verga, del suo tentativo di trasporsi nei personaggi del romanzo, che vengono visti come sono realmente attraverso le loro frasi, molto più efficacemente e realisticamente di quanto avverrebbe con una descrizione.

Dai dialoghi, man mano che si procede nella lettura, si arriva a conoscere un personaggio nella sua psicologia, scarna, come appunto richiede la condizione stessa di vita nella quale non si ha tanto tempo per pensare, ma vige l’imperativo dell’agire.         

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