CECITÀ DI UN PADRE

Fondamentale nello svolgersi della vicenda della Storia di una capinera è lo stretto rapporto che Maria instaura con il proprio padre sin dalle prime battute del romanzo, coincidenti proprio con l’abbandono momentaneo del convento da parte della giovane novizia. Trascorsi pochi giorni in campagna a Monte Ilice, Maria si sente rinascere, è felice e libera, sta bene e sente di amare suo padre più della Madre Direttrice, la figura che fino a quel momento l’aveva guidata nella sua esistenza. Lo ama con più confidenza, con maggiore tenerezza, sebbene può affermare di conoscerlo intimamente solo da venti giorni. Ogni piccolo suo gesto, un abbraccio, il buongiorno al mattino, le provoca dentro un piacevole benessere, serenità, tranquillità. Il padre viene visto da lei come figura protettrice, rassicurante soprattutto nei primi momenti di ambientazione, di passaggio dal convento alla vita di campagna. Maria infatti si sente spaesata, in convento non era abituata a tante coccole e tenerezze, e per questo stabilizza sempre di più il rapporto col padre. Questi, nei limiti del possibile, la vizia un po’, cerca di rendere piacevole e confortevole il soggiorno a Monte Ilice, assegnandole come camera una stanza che, seppur piccola, è molto accogliente, "la scatolina", come la chiama il babbo. 
Maria capisce che il padre, anche se ha riempito di belle cose e vestiti la figliastra Giuditta, l’ama più di lei, la circonda di qualcosa di più profondo e prezioso, l’affetto. Le giornate le trascorre spesso in compagnia del "buon vecchio",
andando a fare lunghe passeggiate nel bosco: ella ha paura di smarrirsi ma con il babbo accanto il bosco non le fa più paura, si trasforma in un luogo sicuro, tranquillo. Anche in casa il padre la segue con premura, si assicura soprattutto che ella si svaghi e non pensi ad altro che a divertirsi: si rifiuta persino di sgridarla se combina qualcosa, per premura e tenero affetto e perché sa che a breve tempo tornerà in quella specie di gabbia qual è il convento.
La sera, quando il babbo le chiude la porta della camera, Maria prova un sentimento ineffabile di contentezza,  come se si restringessero i legami che la legano a lui nell’intimità della vita domestica. 
Arrivano anche le serate in festa con i signori Valentini e Maria è incoraggiata amorevolmente dal padre a prendere parte alle danze e a cantare senza timore, paura di cadere nel peccato. Quando poi arriva il giorno del suo compleanno, la novizia non può regalargli altro che un mazzolino di fiori colti nel prato della loro casa ma alla sua vista il babbo si emoziona, gioisce l’abbraccia calorosamente, piangendo. Maria si comporta con lui come una bambina, si vergogna quando è in sua compagnia, lo osserva, lo ammira e si mostra bisognosa di protezione in ogni suo gesto e sguardo. Ella sembra dimenticarsi di dover far ritorno in convento ed è merito del babbo: egli si sforza di dissipare la sua tristezza con mille carezze.
Comincia poi il momento più triste della sua permanenza fuori del convento: l’impossibilità di vedere Nino per il quale sente di provare qualcosa di incommensurabile. Maria sta male, arriva persino a desiderare di morire: l’amore per Nino è più ardente dell’amore verso il padre.Vede piano piano farsi debole il suo "buon vecchio", il quale non riesce a contraddire la volontà della moglie e Maria peggiora fisicamente. 
Ormai le vite del padre e della figlia sono inscindibili: l’una si svolge in simbiosi e in funzione dell’altra, sono diventati una persona sola e il dolore della figlia è sentito dal genitore con lo stesso pathos. è tempo di far ritorno la figlia che soffre fra quelle mura tetre è per lui un duro colpo al cuore e prende piano piano coscienza di averla persa per sempre e con lei anche quell’ultimo barlume di gioia. L’evento è compiuto: la tragicità del momento è ancor più aggravata dall’impossibilità anche di un contatto solamente visivo. è in quei momenti che Maria  sente il bisogno maggiore della figura paterna, del suo amore: vorrebbe esprimergli il desiderio di essere strappata da quella "gabbia" ma n’è incapace. Il "buon vecchio" è logorato dalla passione ma nella sua provvidenziale cecità trova mille ragioni per illudersi e non vedere lo stato in cui riversa la sua piccola figlia. Un ultimo incontro attraverso le grate del convento e poi più niente, un sorriso, un contatto di dita, due visi segnati dal pianto e da troppe lacrime: Maria di lì a  breve muore. Ella è vittima del tempo, del destino, spera fino all’ultimo nel padre come un eroe che la salvi ma cade anch’egli nella trappola dei rigidi costumi e usanze dell’epoca. Il genitore si è mostrato debole, incapace di opporsi alla sventura ma non è per sua colpa se Maria è reclusa in gabbia ed ella n’è ben consapevole. Proprio ciò la rasserena nel momento in cui ella abbandona quella triste vita terrena.

Relatrice: Valentina De Lorenzi..