Breve storia del ghetto ebraico

Con la parola ghetto si definisce un'area di emarginazione e segregazione riservata agli Ebrei, caratterizzata dall'isolamento attraverso una barriera fisica con ingressi controllati.
In senso più lato il ghetto può anche essere una zona abitativa (senza barriere fisiche ) dove vivono gruppi di popolazione accomunati dalle stesse caratteristiche (razziali, economiche, professionali, culturali, ecc. ). E' importante precisare, però, che questi ultimi tipi di ghetto sono concentrazioni spontanee ad esempio quelli nati durante l'età pre-industriale. Il loro unico scopo è quello di protezione e difesa degli interessi particolari; soltanto alla fine del Medioevo nacquero i ghetti propriamente detti.
Con la cristianizzazione dei popoli europei iniziò ad affermarsi l'idea di tenere separati gli ebrei dal resto della popolazione al fine di evitare il "contagio", cioé per preservare i fedeli cristiani da un possibile proselitismo ebraico. In realtà esisteva anche un vero e proprio timore di contagio fisico legato alla visione dell'ebreo come "diverso".
Queste forme di "giudeofobia" si manifestarono solo in piccola parte durante il Medioevo poichè la separazione degli ebrei dai non ebrei era improponibile da parte della chiesa che voleva garantire la libertà di culto al popolo giudaico in quanto testimone vivente del messaggio divino. Un'alta esigenza era di vitale importanza per la società medioevale: gli ebrei erano abili operatori economici e quindi risultava estremamente dannoso privare la collettività di quei servizi fiscali necessari effettuati per la maggior parte dal popolo ebreo. Se queste esigenze non potevano essere compromesse allora si fece ricorso ad altri mezzi: gli ebrei dovevano portare un segno di riconoscimento, non si potevano sposare o avere relazioni sessuali con i cristiani e addirittura gli venne impedito di frequentare gli stessi luoghi pubblici, gli ebrei dovevano restare rinchiusi durante i giorni della Settimana Santa, e così via.
Le prescrizioni contro gli ebrei aumentarono significativamente sia nel mondo cristiano che in quello islamico trasformando in obbligo la loro libera scelta di installarsi in un determinato quartiere. Anche se la segregazione degli ebrei avveniva sotto costrizione, nel Medioevo non si verificò mai una vera e propria ghettizzazione, infatti la clausura non era controllata dall'esterno e alcuni vivevano ancora in quartieri popolati perlopiù da cristiani e conservando i propri luoghi di culto.
Certamente la pressione della Chiesa per una più accurata separazione tra Ebrei e Cristiani andava accentuandosi, il passo decisivo fu compiuto con il concilio di Breslavia (1266) che, a Gniezno, instituì il primo quartiere fisicamente separato per gli ebrei. Comunque le richieste dei pontefici per la clausura obbligatoria non vennero soddisfatte ovunque, ma là dove non arrivava la Chiesa i "ghetti" venivano instituiti dai poteri civili sotto la spinta delle masse popolari o sollecitati dal clero locale.
Ormai le segregazioni coatte di ebrei si assomigliavano sempre più a quelle che sarebbero state realizzate nel sedicesimo secolo. In Spagna già dal duecento iniziarono a sorgere quartieri ebraici distinti: nel 1243 Giacomo di Aragona ordinò agli ebrei di Terragona di concentrarsi in un unico quartiere. Di lì a poco in tutta la penisola iberica si accentuarono le persecuzioni, le prime espulsioni di massa fino ad arrivare ad una vera e propria "ghettizzazione" che fu promulgata nel 1480 da Ferdinando il Cattolico e Isabella. Dodici anni più tardi gli ebrei furono espulsi dalla Spagna o costretti a convertirsi. Come in Spagna anche gli ebrei tedeschi e francesi seguirono la stessa sorte evitando, però, l'espulsione.
Nei paesi arabi, al contrario di quelli europei, non si era quasi mai sostenuto l'esigenza di seperare gli "infedeli" sebbene esistessero "quartieri ebraici" (così definiti solo perché la maggioranza della popolazione che vi risiedeva era costituita da ebrei), venivano chiamati "shara" in Tunisia e Algeria e "mahallat Yahud" in Persia. Questi non erano circondati da mura e non escludevano la mescolanza di ebrei con il resto della popolazione. Solo nella prima metà del 1400 comparvero nei paesi arabi i veri e propri ghetti, ma si trattava comunque di casi isolati (Marrakesh, Mekness, Fez e alcune città dello Yemen).
Il nome ghetto fu "coniato" a Venezia nel 1515 quando gravi tensioni interne avevano condotto i veneziani a porsi il problema dell'eccessiva presenza ebraica in città. dato che era sconveniente ricorrere all'espulsione, si pensò di creare un quartiere ebraico come era avvenuto nelle colonie dell'Egeo. Naturalmente l'opposizione degli ebrei fu vana e, per la paura di un'espulsione di massa, accettarono di essere raccolti in un'area a loro destinata: il quartiere di Cannaregio. Il ghetto di Venezia conobbe un incredibile aumento della popolazione che portò la popolazione ad effettuere notevoli ampliamenti, qui non c'erano solo gli ebrei ma tutti coloro che non erano accettati dalla società perchè giudicati pericolosi o diversi.
Durante tutto il seicento la pressione della Chiesa sugli stati italiani per l'adesione al programma di segregazione del popolo ebraico si fece sempre più inevitabile per mantenere la propria autonomia, le proprie tradizioni religiose, cosicchè vennero realizzati numerosi nuovi ghetti su tutto il territorio italiano: a Ferrara, Urbino,Padova, Verona. I casi più in vista furono Mantova, Modena, Reggio e Livorno, dove la popolazione ebraica era molto più numerosa che in tutte le altre città italiane.
A Mantova Clemente ottavo inpose l'istituzione di un nuovo ghetto al duca Vincenzo primo che si decise ad aprire trattative con gli ebrei. Questi ultimi non si opposero poichè lo videro come uno strumento di protezione ma dovettero provvedere a tutte le spese per la sistemazione del ghetto.
A Modena e a Reggio i ghetti furono meno opprimenti infatti i mercanti vennero autorizzati a tenere alcune botteghe fuori del perimetro e ci furono progressivi adeguamenti dello spazio man mano che la popolazione aumentava.
A differenza di tutte le città citate fino ad adesso Livorno presenta un'eccezione, infatti i Granduchi di Toscana concessero ospitalità a tutti gli stranieri (Ebrei compresi) al fine di trasformare Livorno in un importante centro commerciale. Non si assistette, quindi alla fondazione di un nuovo ghetto ma semplicemente ad un libero insediamento.
In quasi tutti gli stati italiani i ghetti non si limitarono alle grandi città ma vennero fondati anche nelle minuscole localita' di confine, nei piccoli borghi e nei centri agricoli. Il ghetto divenne in Italia l'unico scenario della vita quotidiana della grande maggioranza degli Ebrei.
Un caso isolato è quello del Piemonte. Quello di Torino fu il primo vero ghetto dello stato di Savoia, già dal Quattrocento c'erano state iniziative di segregazione degli ebrei in Piemonte e il vescovo di Alessandria tentò di far istituire il ghetto nella sua città ma solo a Torino nel 1621 si arrivò alla realizzazione. Sotto la reggenza di Maria Giovanna Battista di Nemours, moglie del defunto Carlo Emanuele secondo, scelse come area di insediamento l'Ospedale di Carità, un'istituzione già destinata alla segregazione di poveri e malati. Con la nascita del Regno di Sardegna Amedeo II estese l'obbligo di risiedere nei ghetti a tutti i sudditi ebrei.
Ancora una volta gli ebrei non si opposero alla loro segregazione, intimoriti dall'ostilità cristiana.
La segregazione degli ebrei nei ghetti ebbe perlopiù una funzione protettrice, per questo non si verificarono quasi mai resistenze violente, infatti l'istituzione dei "recinti" non era legata a ragioni ideali bensì a ragioni pratiche. Il ghetto godeva di ampia autonomia e si autogovernava attraverso leggi religiose.
Anche se nei ghetti vigevano leggi ferree che assicuravano un'esistenza tranquilla e pacifica ai suoi abitanti, non mancavano di certo pericoli che potevano mettere a rischio l'intera comunità. Questi rischi provenivano sopratutto dall'esterno. Alla fine del settecento, in Italia, si era diffusa la convinzione che gli ebrei stessero dalla parte della "rivoluzione" e questo indusse le masse popolari ad aggredire i ghetti e a massacrarne gli abitanti, ma questo accadde anche perchè alcuni ghetti vennero aperti senza gradualità e quindi senza che le autorità avessero ancora preso le contromisure necessarie per un pacifico reinserimento degli ebrei nella società che ormai da secoli era abituata a tenerli fisicamente separati.
L'altro grave problema riguardava le condizione di degrado in cui vivevano gli abitanti del ghetto, infatti l'intrico delle abitazioni esponeva gli ebrei ad una maggior propagazione delle epidemie, senza pensare poi a quello che poteva accadere in caso di inondazioni, terremoti, incendi e più in generale tutte le calamità naturali.
Solo nell'ottocento si arrivò alla cancellazione dei ghetti, già durante il settecento le concessioni si erano moltiplicate e poi in molte città la clausura venne abolita, ma questo accadde solo nell'europa occidentale, perchè, come vedremo, in quella orientale, e soprattutto in Germania, la dottrina antisemita assunse i toni più virulenti.
Tra la fine dell'ottocento e gli inizi del novecento in Germania la diversità dell'ebreo fu avvertita come diversità nazionale, il che portò il paese ospitante a sospettare di infedeltà al popolo tedesco. Ciò accadde soprattutto dopo la sconfitta della prima guerra mondiale e le drammatiche vicende della repubblica di Weimar.
La popolazione ebraica fu colpita da una serie di limitazioni crescenti e dall'odio di una nazione che si preparava ad una dittatura in nome del mito della razza ariana.
Con l'invasione della Polonia, i nazisti si trovarono di fronte ad una popolazione ebraica di gran lunga più numerosa che in occidente, i provvedimenti di discriminazione apparvero irrealizabili e per questo si passò alla segregazione coatta degli ebrei all'interno di una serie di quartieri cittadini. Queste zone vennero chiamate ghetti e all'inizio non ci furono resistenze da parte degli ebrei, anche perchè era ancora inimmaginabile il folle progetto di Hitler (la soluzione finale ).
Nel ghetto nazista gli ebrei erano visti come prigionieri (come negli Shtetl dell'ottocento ) e perdevano qualsiasi diritto.
L'occupazione tedesca della Polonia implicò la costruzione di numerosi ghetti, con il consenso del popolo polacco, qualsiasi forma di resistenza venne schiacciata con la violenza.
Nel giro di un anno i ghetti vennero sigillati e l'operazione proseguì anche quando i nazisti optarono per l'eliminazione fisica di tutti gli ebrei (e di tutti quelli considerati un "pericolo" per la stabilità del regime ), si iniziò con le fucilazioni di massa per poi passare alle camere a gas.
Dalla fine del 1941 iniziarono le evacuazioni forzate, gli ebrei venivano prelevati dai ghetti per essere portati verso nuove terre di insediamento o verso campi di lavoro che in realtà erano campi di sterminio. Quindi il ghetto non era più uno strumento per segregare gli ebrei, come era steto ad esempio in Italia, bensì una trappola per illuderli e condurli al massacro senza opposizione.
Molte rivolte si scatenarono contro i nazisti e tra queste la più conosciuta è certamente quella del ghetto di Varsavia, dove è stato ritrovato un archivio clandestino costituito da un gruppo di storici che vivevano in questo ghetto.
La vita nel ghetto di Varsavia era disumana, dai tedeschi dipendeva tutto, anche le razioni di cibo o la possibilità di lavoro. La popolazione era decimata dalla fame e dalle epidemie e nonostante tutto c'era chi trattava affari con i tedeschi e collaborava nelle spietate repressioni. Nei ghetti tradizionali la vita si svolgeva pienamente attorno alla religione, diversamente a Varsavia si era creata una fiorente attività politica e culturale. Le varie organizzazioni politiche trovarono un accordo nella rivolta contro i nazisti, poichè presero coscienza di quello che stava succedendo e lo scopo delle evacuazioni forzate. Si venne così a formare un ampio fronte antinazista che condusse in accordo con la resistenza polacca per convincere gli ebrei di quello che i tedeschi avevano in mente, per fare arrivare in Occidente le prove di quanto stava accadendo e per fornirsi di armi in vista di uno scontro violento.
Il primo scontro armato avvenne il 18 gennaio 1943 ma la vera rivolta esplose il 19 aprile dello stesso anno quando ormai tutti gli abitanti avevano preso coscienza di quallo che li aspettava. La rivolta durò diversi giorni fino a che i tedeschi non si decisero a distruggere il ghetto e a deportare tutti gli abitanti. Dopo alcuni mesi dalla distruzione i piccoli gruppi di resistenti sopravvisuti continuavano a combattere fino alla morte o alla loro cattura.