Alla realizzazione dei piani di sterminio di interi
popoli presero attivamente parte anche medici tedeschi, sia quelli a
capo delle strutture sanitarie delle SS e della Wehrmacht, compreso il
personale loro subordinato, sia quelli impiegati negli istituti di
ricerca delle facoltà di Medicina e in possesso di alti titoli
accademici. Incuranti dei principi più elementari dell’etica
professionale, misero spesso volontariamente le proprie capacità a
disposizione dell’ideologia nazionalsocialista, pienamente consci dei
suoi fini criminali.
Particolare fu il ruolo dei medici delle SS in
servizio nei Lager dove, venendo meno al giuramento d’Ippocrate,
effettuarono le selezioni dei convogli di Ebrei, controllandone il
processo di sterminio; condannarono alla gassazione o uccisero con
iniezioni di fenolo i detenuti ospedalizzati nei Lager, falsificando le
cause della loro morte, e condussero criminosi esperimenti medici sui
prigionieri.
Gli esperimenti programmati in alto loco si
proponevano di venire incontro ai bisogni dell’esercito (prefiggendosi
lo scopo di migliorare lo stato di salute dei soldati), servire alla
realizzazione di piani postbellici (ad esempio nell’ambito della
politica demografica), sostenere le teorie razziste sulla superiorità
della razza nordica.
Del tutto indipendenti erano poi gli esperimenti
condotti sui prigionieri da alcuni medici su richiesta di diverse ditte
farmaceutiche tedesche o di Istituti di medicina.
Durante la seconda guerra mondiale, i medici
nazisti, venendo incontro ai dirigenti del Terzo Reich, sostennero con
la propria attività la politica demografica nazista dando il via ad una
serie di ricerche sulla sterilizzazione di massa di nazioni considerate
inferiori: prima gli Ebrei, poi gli Slavi ed infine i “Mischlingen”
(Ebrei Tedeschi).
Alla conferenza del 7-8 luglio 1942, in cui
parteciparono Himmler, il dr Kral Gebhardt e l’ispettore dei campi di
concentramento Richard Glucks, il compito di cercare tale sistema
ottimale di sterilizzazione fu affidato al dr Carl Clauberg, specialista
nella cura della sterilità femminile, intervenuto ad innumerevoli
congressi di ginecologia, durante la guerra primario del Reparto di
Malattie femminili dell’ospedale di Chorzòw. Su sua ricerca, Himmler
gli permise di condurre esperimenti di sterilizzazione che ebbero inizio
alla fine del 1942 nell’ospedale femminile di Birkenau nella baracca
nr 30 del campo di BIA.
Il metodo di sterilizzazione di massa senza
ricorrere all’ospedale elaborato da Clauberg consisteva nell’introdurre
durante una finta visita degli organi genitali (dopo aver costatato
l’apertura dell’ovidotto) una sostanza chimica irritante provocante una
grave infezione che, nel giro di alcune settimane, portava alla crescita
dei peli nell’ovidotto e dunque alla sua occlusione. I risultati
venivano controllati di volta in volta con delle radiografie.
Gli interventi descritti venivano condotti in modo
brutale, provocando spesso complicazioni a livello del peritoneo e
emorragie delle vie genitali accompagnata da febbre alta e sepsi,
responsabile di collassi che a volte portavano alla morte. Alcune Ebree
morirono per effetto degli esperimenti, altre vennero uccise per poterne
eseguire l’autopsia.
Nel gennaio 1945 Clauberg partì per il KL Ravensbck,
dove continuò i suoi esperimenti sulle Ebree lì trasferite da Auschwitz
e sulle Zingare.
Su iniziativa di Victor Brack, nel novembre 1942
(quasi contemporaneamente a Clauberg) ad Auschwitz iniziò esperimenti
sulla sterilizzazione anche il dr Horst Schumann, ufficiale della
Luftwaffe e Sturmbannfuhrer delle SS, ex direttore dell’istituto per
incurabili nel castello di Grafeneck a Wirtemberg e a Sonnenstein, in
seguito membro della speciale “commissione medica” responsabile della
selezione dei detenuti, malati e prostrati, destinati alla gassazione.
Schumann, come Clauberg, cercava il modo migliore per attuare una
sterilizzazione massiccia che avrebbe potuto assicurare al comando del
Terzo Reich l’annientamento biologico dei popoli assoggettati,
privandoli “scientificamente” delle loro capacità riproduttiva.
Nella baracca nr 30 del campo femminile BIA di
Birkenau ebbe a sua disposizione le stazioni di “sterilizzazione
radiografica” precedentemente approntate e fornite di due attrezzature
per i raggi X della ditta Siemens (i cosi detti Rontgenbombe) collegati
tramite una serie di cavi a una “cabina di comando” schermata, isolata
con lamiere di piombo, dalla quale Schumann le azionava. Periodicamente
vi venivano condotti da Birkenau, talora nr 10 del campo base, prigioniere
e prigionieri ebrei che venivano sottoposti a irradiazione di raggi
X su
testicoli e ovaie.
Al fine di stabilire la dose ottimale necessaria
per ottenere la sterilizzazione completa, Schumann sperimentava sulle
cavie umane dosi diverse in diversi intervalli di tempo. Di solito gli
sfortunati prescelti venivano poi rispediti al lavoro nonostante che le
radiazioni avevano provocato la comparsa su tutto il corpo di gravi
ustioni, in particolare al basso ventre, all’inguine e sulle natiche, di
infiammazioni cutanee e lesioni ulcerative che, se seguite da
complicazioni, portavano in numerosi casi alla morte. Quelli che
sopravvivevano non superavano indenni le selezioni effettuate nel Lager
e venivano spesso destinati alla camera gas.
Dopo alcune settimane, al secondo stadio degli
esperimenti, nell’ospedale del campo base ai detenuti veniva prelevato
il liquido seminale, che veniva poi analizzato al microscopio per
accertare la presenza e la vitalità degli spermatozoi. Indipendentemente
dai risultati una parte delle cavie umane di Schumann veniva sottoposta
a orchiectomia (gli uomini) e a ovariectomia (le donne) al fine di
analizzare in laboratorio gli organi trattati con raggi X e di ottenere
materiale istologico comparativo. La castrazione avveniva, spesso alla
presenza di Schumann, nel blocco nr 21 (chirurgico) e a volte nei
blocchi 10 e 28 del campo base. Tali operazioni venivano eseguite da
medici polacchi detenuti, fra cui il dr Wladyslaw Dering (rilasciato
nel 1944 e assunto nella clinica privata di Clauberg) e il dr Maximilian
Samuel, medico ebreo detenuto del campo, ove venne in seguito ucciso.
Parte degli operati moriva a causa di infezioni generalizzate o
emorragie interne.
Sulle operazioni di sterilizzazione e castrazione
abbiamo testimonianze di molti prigionieri che le subirono. Cosi la
ricorda un’Ebrea greca: "Verso la metà del marzo 1943 fui deportata
insieme con altri Ebrei di Salonnico a Birkenau nell’estate 1943 durante
l’appello mattutino la capo-blocco chiamò un certo numero di
prigioniere, me compresa. Fummo condotte sotto sorveglianza ad Auschwitz,
nel blocco nr 10, dove si trovano già altre donne e giovani greche.
Un giorno apparve il dr Schumann, il suo cognome mi fu riferito
durante la permanenza nel blocco 10, che ordinò a tutte le giovani
di farsi avanti, poi ne indicò alcune, me compresa, di cui annotarono
il numero di matricola. Il giorno dopo ci portarono di nuovo a Birkenau,
dove fummo
sottoposte ad irradiazioni di raggi X, ci fecero entrare e spogliare
in una stanza, dalla quale fummo chiamate una alla volta in un’altra
stanza buia, in cui c’erano due persone, il dr Schumann e un aitante.
Quest'ultimo mi applicò sul corpo due lastre, una sul ventre e una
sulle spalle. Il dr Schumann si rifugiò in una cabina sicura, mi
osservò
attraverso un finestrino e azionò l’attrezzatura cui erano collegate
le lastre per alcuni minuti, non saprei dire precisamente quanti. In
una
giornata facemmo ritorno ad Auschwitz. Lungo la strada vomitammo tutte.
Non sapevamo cosa ci avevano fatto. Dopo alcuni giorni sul posto in
cui
erano state applicate le lastre comparvero ferite purulenti. Dopo circa
due mesi ci spedirono di nuovo a lavorare a Birkenau anche se le nostre
ferite non erano ancora rimarginate. Un giorno durante l’appello
mattutino fu chiamato il mio numero e quello delle ragazze sottoposte
a raggi X. Ci portarono di nuovo ad Auschwitz, nel blocco nr 10, dove
fummo visitate dal dr Samuel, il quale scelse Giada e Bella per
l’operazione, che eseguì, se ricordo bene, lo stesso giorno, nello
stesso blocco nr 10 in cui erano alloggiate. Verso il novembre del 1943
portarono me ed altre 9 ragazze nel blocco 21, dove fummo operate.
Nell’anticamera della sala operatoria dovemmo spogliarci e ci fu fatta
un’iniezione che mi fece perdere i sensi nella parte inferiore del
corpo. Dopo un po’ mi portarono in una sala operatoria, dove si
trovavano il dr Schumann, il dr Dering, un altro medico detenuto e la
dottoressa Brewda. Quest’ultima mi teneva su il morale. Un paravento
divideva la parte superiore del mio corpo da quella inferiore. So che
mi
operò il dr Dering, assistito dal medico detenuto. Dopo l’operazione
mi portarono di nuovo al blocco nr 10. Giacemmo tutte lì gridando dal
dolore. Bella morì durante la notte. Buena aveva un’orribile ferita
aperta, come le nostre, purulenta. Dopo un mese o due, nel blocco
apparve il dr Schumann, che guardò le nostre ferite e ordinò di spedirci
di nuovo al lavoro a Birkenau sebbene riuscivamo a muoverci ancora a
fatica. Ciò significava la morte certa di Buena, la cui ferita risultava
ancora grave. Morì infatti a Birkenau".
Uno dei laboratori sperimentali del dr Mengele era
ubicato nel campo per famiglie zingare (nei bagni situati accanto alla
baracca nr 32), nel quale dalla fine di maggio del 1943, cioè
dell’arrivo ad Auschwitz, ricopriva la carica di medico di Lager.
Nella prima fase degli esperimenti Mengele, insieme
al suo personale medico e infermieristico scelto fra i detenuti
specialisti in diversi campi della medicina, sottopose i gemelli e gli
individui con anomalia congenite messe a sua disposizione ad analisi
antropometriche (misurazione della lunghezza e della larghezza di testa,
naso, palmo, spalle, piedi, altezza), morfologiche (analisi del sangue,
trasfusioni), ad esami radiologici e a visite stomatologiche,
otorinola-ringoiatriche, oculistiche e chirurgiche.
Mengele continuò le sue ricerche sull’ereditarietà
nei laboratori del Lager fino al momento della sua definitiva
evacuazione, il 17 gennaio 1945, giorno in cui lasciò Auschwitz portando
via con se la documentazione degli esperimenti compiuti. Alla morte
dei
prigionieri erano connesse anche le ricerche sui mutamenti sopravvenuti
nell’organismo umano per effetto della fame, in particolare sull’atrofia
bruna del fegato (braune Atrophie) condotte, d’intesa con lo
Standortarzt delle SS Eduard Wirths e capo dei servizi medici del Lager
d’Auschwitz, dall’Obersturmführer delle SS Johann Paul Kremer,
professore di Anatomia all’università di Münster, dottore in medicina
ed in filosofia. Kremer fu medico del campo dal 30 agosto al 18 novembre
1942. Difficilmente avrebbe potuto trovare un luogo più adatto per le
sue ricerche. Ogni giorno nell’ambulatorio del blocco nr 28 del campo
base passava in rassegna i prigionieri che avevano chiesto il ricovero,
fra i quali non mancavano i cosiddetti “musulmani”, individui ormai
prossimi a morire di inedia, che per lo più erano uccisi con iniezioni
di fenolo al cuore.
Fra il 1941 e 1944 i medici SS del Lager provarono
sui prigionieri la tolleranza e l’efficacia di nuovi farmaci e medicine
contrassegnati tra l’altro dalle sigle B-1012, B-1034, B-1036, 3538,
P-111, ed anche il rutenol e il peristol, farmaci ancora sperimentali.
Essi agirono per conto del consorzio IG-Farbenindustrie e, in
particolare per la ditta Bayer, che ne faceva parte. I farmaci citati
erano così somministrati per via orale, sotto forma di pastiglie,
o per via endovenosa e intramuscolare o per clistere, in dosi diverse
ai
pazienti affetti da malattie contagiose (tracoma, tifo, tubercolosi,
difterite, e erisipela), talora fatte loro contrarre artificialmente.
Gli esperimenti farmacologici avevano luogo sia nei blocchi-ospedali
del campo base (soprattutto nel nr20, quello delle malattie contagiose)
sia
nell’ospedale nel campo femminile di Birkenau e in quello di Monowitz.
I detenuti scelti come cavie erano sottoposti periodicamente ad esami
radiologici e di laboratorio. In caso di morte era effettuata la sezione
delle spoglie al fine di riscontrare eventuali mutamenti degli organi
interni che potessero confermare l’azione del farmaco. Dalle deposizioni
degli ex detenuti medici Wladjslaw Tondos, Wladjslaw Fejkiel e Stanislaw
Klodzinski, impiegati nell’ospedale del Lager e testimoni diretti degli
esperimenti ivi condotti, si deduce che i preparati non risultavano
avere effetti curativi. Nei pazienti costretti a farne uso si
verificavano disturbi dell’apparato gastroenterico (persistenti vomiti
sanguinolenti, dolorose diarree sanguinolente) e disturbi della
circolazione. Secondo Stanislaw Klodzinski morirono 15 dei 50 malati
di tifo petecchiale curati con il farmaco “3582” e 40 dei 75 detenuti
affetti da tubercolosi curata con il rutenol.
A partire dalla primavera del 1943 il dr Eduard
Wirths, oltre agli esperimenti farmacologici, intraprese delle ricerche
sul cancro al collo dell’utero insieme al fratello, ginecologo ad
Amburgo, per aiutarlo nella sua carriera scientifica. Le cavie scelte,
Ebree del blocco nr 10 nel campo base, venivano sottoposte a esami al
fine di scoprire lesioni precancerose in zone dell’utero. Se la malattia
veniva scoperta, o anche solo sospettata, si eseguiva l’asportazione
del collo dell’utero, che veniva spedito al laboratorio istologico
di Monaco. Le prigioniere cavie dopo un certo periodo venivano spedite
a
Birkenau. Nella tarda estate del 1944 il dr Emil Kaschub, porta bandiera
dell’esercito, venne mandato al campo con il compito di smascherare
le diverse forme di simulazione sempre più diffuse fra i soldati tedeschi,
in particolare fra quelli impegnati sul fronte orientale (finte
malattie, ferite, itterizia). Kaschub sperimentò sugli Ebrei diverse
sostanze tossiche, tramite frizione sulla cute o iniezioni negli arti,
e
somministrò loro medicine per via orale allo scopo di provocare in essi
gli stessi sintomi che accusavano i soldati tedeschi. Effettuava i sui
esperimenti in una camera isolata e strettamente sorvegliata al primo
piano del blocco nr 28.
Campioni di pus e di cute venivano spediti per
essere analizzati all’ottavo Distretto sanitario di Wroclaw. Anche lo
smascheramento dei Tedeschi che cercavano di evitare il servizio
militare, o di interromperlo venne così riscattato con la sofferenza e
la mutilazione di decine di giovani prigionieri ebrei a quali Kaschub
provocò infezioni purulente e ulcerazioni difficilmente cicatrizzabili
che causavano la necrosi dei tessuti. Alcuni di loro della selezione che
ebbe luogo nell’ospedale del campo vennero spediti nelle camere a gas.
Vanno considerati esperimenti anche le operazioni,
pur necessarie, che i medici delle SS, privi di adeguata
preparazione chirurgica, eseguirono sui detenuti a scopo di
addestramento; o anche le tecniche di pneumotorace terapeutico nella
cavità pleurica dei prigionieri malati di tubercolosi, sempre a scopo di
addestramento, o le punture esplorative nella colonna vertebrale degli
affetti da meningite. Le relazioni e i ricordi degli ex detenuti
contengono allusioni anche ad altri tipi di esperimenti di cui non è
stato possibile stabilire lo scopo.