L’ARTE NEL PERIODO DELLA RIFORMA E DELLA CONTRORIFORMA .

Il cinquecento è il secolo dei cambiamenti: nuove conquiste geografiche, scoperte scientifiche, mutamenti civili e politici portano al dissolvimento di una gerarchia di poteri derivanti da Dio e all’affermazione di una dura lotta di forze in cerca di equilibrio. È anche il secolo della riforma protestante (ST)che costringe la stessa chiesa a rivedere le proprie strutture e la propria condotta facendo, diventare la religione non solo rivelazione di verità eterne, bensì continua ricerca di Dio nell’animo umano.

Quindi la formazione di una diversa mentalità spinge l’uomo a proiettarsi sempre più in avanti: questo bisogno è riscontrabile anche nell’arte, parte integrante nella vita dell’uomo del rinascimento, la quale perciò tende a superare i canoni quattrocenteschi. Da qui si ha la continua ricerca di nuove forme, il superamento dello spazio a misura d’uomo e la conseguente eliminazione del quadrato, come figura piana, modello canonico del Quattrocento, sostituito con il cerchio. A questo è attribuito un valore non solo puramente grafico o figurativo, ma in particolar modo diventa simbolo del continuo bisogno dell’uomo di arricchire la sua conoscenza, e del fatto che egli non si accontenta più di sottostare agli schemi di un’arte chiusa, definita, che bada alla purezza classica delle linee: la circolarità indica continuità, movimento, armonia.

La stessa cosa avviene nell’utilizzo delle figure solide, poiché l’artista abbandona il cubo, figura carica di costrizioni e limiti, per lasciar spazio alla sfera e al cono. Con la prima infatti si esprime al meglio il concetto di infinito (D). Con il cono, alla stessa maniera, si arriva ad esprimere la stessa sensazione di illimitatezza, grazie alla sua struttura lungiforme.

Tutti questi cambiamenti sono riscontrabili in ogni campo artistico.

Prendendo ad esempio in considerazione l’architettura religiosa, si ritrova nel cinquecento l’uso della pianta a croce greca, che sostituisce quella a croce latina: con la prima infatti si ritorna all’idea di circolarità, avendo questa braccia uguali e quindi essendo inscrivibile in un cerchio.

Con Michelangelo (SB) possiamo notare anche il diverso utilizzo di specifici materiali, quali ad esempio la pietra serena, che in particolare nella Sagrestia Nuova di San Lorenzo (a destra) egli utilizza per evidenziare la forza con la quale queste strutture si distaccano dal piano d’appoggio e si moltiplicano senza un ordine geometrico. Questo senso dell’infinito è in contrasto con la Sagrestia Vecchia nella quale il Brunelleschi (SB) utilizza la stessa pietra per definire geometricamente la forma e lo spazio, mediante prospettiva lineare.

L’Atrio della Biblioteca Laurenziana (a sinistra) è un ulteriore esempio fondamentale dell’importanza che assume il movimento delle forme in questo periodo. La scala è la vera protagonista di questo ambiente: essa si proietta dall’alto verso il basso, con una serie di gradini centrali curveggianti, che invitano alla salita. Nello stesso tempo si proietta anche dal basso verso l’alto, grazie alla presenza, fino ad una certa altezza, di altre scale ad ala, con gradini lineari, che essendo prive di balaustre, si aprono verso i lati. Tutta l’architettura del secolo è dominata da questo continuo movimento, ottenuto con una serie di sporgenze e rientranze in cui lo spazio penetra nella costruzione attraverso colonnati, balaustre, nicchie.

Il centro artistico più fervido in questo periodo, a differenza del Quattrocento, non è più Firenze, ma Roma: papa Giulio II (SB) aveva infatti il preciso intento di far diventare Roma la città più bella e grande del mondo. Così per raggiungere questo scopo vengono chiamati alla corte pontificia gli artisti più illustri e importanti. Qui in poco tempo si è venuto a formare un clima di straordinaria fusione tra l’ideale umano e quello divino, ma che dopo la morte di Giulio II e il sacco di Roma (ST) del ’27, che causò la dispersione dei diversi artisti in tutta Italia, altrettanto velocemente svanì. In conseguenza a questo anche gli ideali più alti di Leonardo (SB), Raffaello (SB) e Michelangelo vanno pian piano a scomparire, pur essendo guida al secolo. Ad esempio la profonda fede che Leonardo pone nella natura, vista come fonte di verità da cui l’uomo può continuamente attingere, non sarà del tutto compresa e interpretata nel suo significato.

Da qui si nota il diverso utilizzo della tecnica dello sfumato: a Firenze si ricorreva a questa tecnica per rendere più duttili le immagini, attenuando il tradizionale plasticismo sia lineare che chiaroscurale, mentre Leonardo la intendeva come strumento per armonizzare le figure con l’ambiente che faceva loro da sfondo. Egli, per rendere la vastità spaziale, non utilizza più la linea come mezzo per individuare e delineare i singoli oggetti, contornandoli con un tratto ideale, continuo e netto, ma per mezzo di brevi linee, curve o rette, riesce ad evocare e ad accennare la presenza delle figure che all’occhio umano appaiono vive ed in movimento.

In un’epoca di così grande crisi (D), i tre geni di questo secolo sembrano nascondere dietro al loro equilibrio classico tra naturalismo e idea, tra religione e laicità, l’inquietudine di molti altri artisti che non riescono ancora a trovare delle nuove leggi da sostituire a quelle già esistenti e vedono l’unica alternativa nell’imitazione di questi grandi, fino alla forzatura estrema e alla conseguente rottura dell’equilibrio. Promotore di questo nuovo movimento, denominato manierismo (D), fu Giorgio Vasari, primo vero scrittore d’arte, convinto che con Michelangelo l’arte avesse raggiunto il suo culmine.

Il Manierismo, comunque, trae i suoi spunti formali essenzialmente proprio da quest’ultimo, di cui sfrutta i colori cangianti, la composizione a spirale, la tensione delle forme al limite dello spazio. È un movimento contro corrente e anti-classico che mostra angosce e inquietudini tipiche di questo periodo: affiora dapprima a Firenze già nel terzo decennio del secolo, poi nella seconda metà del secolo trova una più ampia diffusione in tutta Italia e in Europa, con la maggiore scuola innovatrice che si trova in Francia, a Fontainebleau.

Il Seicento, secolo della controriforma cattolica (ST), diventa così protagonista dell’affannato e disperato bisogno di soluzione a questa profonda crisi, che troverà la sua più alta espressione nel Barocco (D).

L’arte in questo momento ha un ruolo determinante poiché fa in qualche modo da tramite tra la chiesa, impegnata nella predicazione delle idee controriformiste per mezzo dei nuovi ordini religiosi dei Gesuiti (D) e dei Filippini (D), e il fedele, cercando di sensibilizzare e toccare con efficacia e immediatezza il suo animo semplice. Nel seicento l’arte deve saper sedurre e commuovere, al fine di conquistare il gusto non più attraverso l’armonia e la razionalità, ma suscitando emozioni e sentimenti. A questo proposito il concilio di Trento raccomandava ad esempio che la figura di Cristo dovesse essere rappresentata sanguinante, afflitta, vilipesa, sgradevole a vedersi: in tale modo sarebbe stato più facile evocare nelle masse sentimenti di pietà e di devozione, facendo psicologicamente leva sulla compassione e sulla misericordia umana di fronte al dolore e alla sofferenza. Il pittore del seicento affronta senza mezzi termini il problema esistenziale dell’uomo, il suo dramma nella ricerca di una verità non più imposta dall’alto. Con Caravaggio (SB), massimo esponente della pittura seicentesca, esplode la polemica anticonformista con una tale immediatezza e violenza che, la prima tela dipinta per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, San Matteo e l’angelo, venne rifiutata dal clero perché, come testimonia il Bellori: "quella figura non aveva decoro, né aspetto di santo, stando a sedere con le gambe incavalcate e co’ piedi rozzamente esposti al popolo".

Sta qui la novità del pittore e della pittura del secolo, che rifiuta la tradizione e in particolare l’identificazione di bello con buono e di brutto con cattivo. Infatti in questo periodo si viene a formare una nuova concezione per la quale la grazia divina può toccare chiunque, non soltanto il meritevole: Dio solo, a suo giudizio, può salvare o condannare. Così la figura del santo non rispetta più la classica impostazione, non è abbellita, non ha decoro, non manifesta un atteggiamento devozionale, è addirittura volgare, povero e vecchio: questo esprime la presenza di Dio presso gli uomini più umili e bisognosi, non necessariamelte buoni e ossequiosi bensì i peccatori e gli emarginati. L’arte di questo periodo è l’arte dei sentimenti e delle passioni la cui rappresentazione, soprattutto in scultura e pittura, arriva a volte agli estremi, fino a rasentare la sdolcinatezza e la frivolezza.

Per quanto riguarda l’architettura, con il barocco si riscontra un forte desiderio di novità e ricerca del movimento, che spesso diventa tumultuoso e inquieto grazie alla compenetrazione tra struttura muraria e atmosfera.

Poiché gli artisti del secolo sentono che il rinascimento (D) era giunto ad un grado di perfezione oltre il quale non esiste che l’ex novo, si illudono di creare nuove forme modificando quelle cinquecentesche. Così piante ellittiche, linee spezzate, cornicioni decorativi e superfici aggettanti sono le strutture basilari di questa espressione artistica.

Le costruzioni civili e religiose, all’interno, mutano aspetto diventando più ricche e sfarzose mediante elementi ornamentali e decorazioni varie, stucchi e dorature. Gli ambienti grandi e luminosi si arricchiscono inoltre di scalinate marmoree, affreschi e statue rivelando nell’insieme la ricerca del maestoso, della magniloquenza e dello scenografico. All’esterno mentre le architetture civili appaiono solenni e severe, più o meno appesantite da fregi, nicchie, enormi portali ed elaborati cancellati, le chiese invece presentano superfici concave e convesse che determinano intensi contrasti chiaroscurali.

In questa maniera l’arte si precisa come espressione delle sensazioni dell’uomo, del suo precario collocarsi nello qpazio e nel tempo ed anche come veicolo diretto od indiretto dei contenuti controriformisti, come pure di tendenze contrapposte.

Relatori:
Francesca Conti, Arianna Vannini