Il Ruolo dello Stato

Già dal XVIII secolo le teorie del mercantilismo, del colbertismo e, più tardi, la stessa fisiocrazia assunsero nella loro pratica applicazione la forma di vere e proprie politiche economiche normative, nelle quali venivano attribuite allo Stato ruoli e campi di intervento sempre più precisi. I termini del dibattito vennero poi precisandosi alla fine del secolo, ovvero nel pieno della rivoluzione industriale inglese, in concomitanza con rivolgimenti politici e sociali su entrambe le sponde dell'Atlantico. Da una parte si delineò la dottrina del laissez fair, dall'altra quella minoritaria, favorevole ad un allargamento dei compiti dello Stato. La prima traeva i suoi fondamenti concettuali dalla convinzione che la "mano invisibile" del mercato fosse lo strumento più adatto a permettere l'armonico dispiegarsi delle forze produttive; lo Stato avrebbe dovuto astenersi dall'intervenire in materia economica. Smith e Ricardo, i padri dell'economia classica, sono in genere rivendicati a questa tradizione. La dottrina "interventista" matura più lentamente e, soprattutto, fuori dell'Inghilterra. Essa si basa sulla convinzione che lo Stato debba intervenire nelle vicende economiche perché il mercato non è in grado di garantire lo sviluppo industriale. Negli Stati Uniti, Hamilton, segretario di Stato di George Washington, può essere considerato un esponente di questa visione dello Stato nella vita economica. In Europa, già dagli inizi del XIX secolo, nei Paesi late comers della industrializzazione (Belgio, Francia, Germania) si affermarono condizioni politiche, economiche ed ideologiche favorevoli ad un maggiore intervento dello Stato nell'economia. Questi Paesi, pur diversi quanto a strutture politico-istituzionali erano infatti accomunati dalla convinzione che lo Stato fosse un "fattore sostitutivo" essenziale nella rincorsa alla industrializzazione. Per i Paesi di più recente unificazione, poi, una più attiva presenza dello Stato sembrava anche uno strumento di unificazione politica e sociale. La politica doganale fu il principale strumento dell'intervento pubblico per tutto il corso dell'Ottocento anche se, va ricordato, venne modellandosi sulle esistenti esigenze fiscali dello Stato-Nazione. Se si escludono gli anni '50 e '60, quando in effetti prevalse in Europa il libero scambio, nei Paesi del continente europeo e negli Stati Uniti prevalse sempre la scelta protezionistica. Negli stessi Paesi lo Stato svolse anche un ruolo di primo piano nella creazione di infrastrutture: strade, porti, canali, e soprattutto ferrovie. Questi interventi richiedevano un grande sforzo finanziario ed organizzativo che, in Gran Bretagna, dove il processo di accumulazione era ormai consolidato, fu effettuato dai privati; ma che nelle altre realtà continentali si espresse in un forte intervento pubblico che quasi sempre sfociò nella proprietà pubblica diretta della rete ferroviaria. Verso la fine dell'Ottocento si venne precisando come, da una comune esigenza di stimolare e sostenere il processo di industrializzazione potessero derivare due modelli distinti di intervento pubblico: quello continentale (ove sarebbe presto confluito anche il Regno Unito) nel quale la presenza dello Stato nell'economia era destinata a divenire sempre più massiccia attraverso il diretto coinvolgimento nelle stesse attività produttive; e quello statunitense, dove lo Stato venne assumendo il ruolo di severo regolatore dei mercati attraverso apposite autorità esterne. Si trattava, nel primo caso, dello Stato imprenditore; nel secondo, dello Stato regolatore. Il modello dello Stato imprenditore trovò applicazione prima nelle politiche dirigiste culminate nell'ondata di nazionalizzazioni che alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale investì l'Europa continentale e, dopo il conflitto, nell'affermazione nella stessa Europa continentale, dei sistemi ad "economia mista". Alla formulazione di questo modello contribuirono tradizioni ed influenze diverse:

Il modello americano dello Stato regolatore si venne delineando nell'ultimo quarto del secolo, dopo la creazione della "Interstate Commerce Commission" (1887) e delle successive agenzie indipendenti per il controllo e la regolamentazione dell'attività economica. La disciplina antitrust (lo "Sherman Act" del 1890 ne è il primo esempio) fu il risultato dell'evoluzione di un sistema giuridico- amministrativo nel quale convergevano la tradizione della common law e l'influenza politica, culturale e giuridica francese. (http://www.unifi.it/centri/sise/g_stato.htm).
D'altra parte l'intervento dello Stato non poteva essere sufficiente quando mancavano altre condizioni fondamentali: l'agricoltura era arretrata o non esisteva l'unità politica o restavano in vigore leggi o istituti dell'antico regime. Dove questi problemi erano stati, almeno in parte, risolti e si era già formato un nucleo industriale in via di sviluppo, l'intervento dello Stato si dimostrò efficace. In Belgio, gli investimenti dell'industria nazionale furono in parte garantiti dallo Stato. Esso fu il primo paese del continente a realizzare un'ampia trasformazione industriale con una forte diffusione di macchine a vapore e lo sviluppo di industrie carbonifere e metallurgiche nella zona di Liegi. In Francia l'industrializzazione si concentrò nelle zone in cui già esisteva una tradizione manifatturiera. Anche negli Stati Uniti fu quasi contemporaneo a quello della Francia. Nei primi decenni dell'Ottocento fu iniziato in Germania un complesso siderurgico di grandi dimensioni (industria Krupp) e si cominciò ad organizzare e sfruttare il bacino carbonifero della Ruhr; ma qui la svolta dell'industrializzazione avvenne più  tardi, all'incirca nella stessa fase in cui si realizzò in altri paesi come il Giappone, Italia, Russia, in circostanze e caratteri che saranno esaminati in seguito.