Una
delle figure politiche più strettamente connesse con il problema della riforma
della legislazione in Inghilterra è Geremia Bentham; nella sua opera viene
rivalutato il problema di una direzione politica della società rispetto alla
concezione derivata dall’economia politica di Smith.
Vi è quindi l’idea di un potere politico statuale come equilibratore
intelligente della società. La legislazione in questa prospettiva è sempre e
solo un mezzo per promuovere l’utilità sociale, ovvero quegli effetti pratici
che conducono alla maggiore felicità per il maggior numero di persone
possibile. Sono temi che rimangono costanti in tutta l’opera di Bentham.
Il problema che essi cercano di risolvere è nella stessa realtà: adeguare le
leggi ai rapporti sociali esistenti. Ma il modo filosofico in cui questo
problema prende forma, producendo un’ideologia di grande rilievo,
l’Utilitarismo, deriva dagli strumenti teorici che Bentham impiega. Questi
strumenti sono sostanzialmente due: il primo è la ripresa dell’antropologia
dell’Empirismo e del Materialismo inglese, da Hobbes a Hume. Il secondo è
l’applicazione della matematica all’azione sociale, come criterio che
determina la sua razionalità: questo era tipicamente un tema dell’ultimo
Illuminismo francese.
Inoltre durante gli anni Venti e Trenta dell’Ottocento in Inghilterra e in
Francia comincia a diffondersi quel movimento di polemica, in contrapposizione
al sistema dei valori borghesi, noto come Socialismo.
All’individualismo e alle teorie liberiste dell’economia di mercato, con
connessa giustificazione dell’appropriazione privata degli utili, vennero
opposti l’egualitarismo e la solidarietà, nonché progetti di socializzazione
dei mezzi di produzione mediante i quali attuare la riappropriazione del valore
economico prodotto dai lavoratori.
Il Socialismo è però impensabile senza riferirsi alla Rivoluzione Industriale
e alla Rivoluzione Francese. La prima ha favorito l’affermazione del
capitalismo come modo di produzione dominante, ha sconvolto gli assetti sociali
tradizionali ed ha sottoposto a un brutale sfruttamento la forza lavoro; per
questo verso il Socialismo è nato in funzione della rivendicazione dei diritti
della classe operaia e si propone l’obiettivo dell’eliminazione progressiva
dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. La seconda ha segnato il definitivo
decollo della politica come programma, convalidando l’idea che la storia è
opera di soggetti umani liberi capaci di progettare il loro futuro. Nei suoi due
secoli di storia il Socialismo ha assunto una molteplicità di volti e si è
diviso in correnti e partiti, spesso in polemica tra loro. È ormai consolidato
l’uso affermatosi con Karl
Marx e Friedrich Engels, di definire utopistico il Socialismo degli
albori in particolare quello di Owen e Fourier. Nel Manifesto Marx e Engels mostrano apprezzamento per i due pensatori
che riescono a scorgere l’antagonismo tra classi, ma li criticano perché non
propongono alcuna attività storica autonoma da parte del proletariato. Ad essi,
Marx ed Engels opposero il loro “Socialismo Scientifico”, definito tale
perché presumeva di offrire una lettura più approfondita del modo di
produzione capitalistico, adottando senza riserve un’impostazione classista,
attribuendo al proletariato un ruolo centrale nel progetto di emancipazione
della società, e impostando, contro i progetti di transizione pacifica al
Socialismo, una strategia rivoluzionaria. Ed è proprio per marcare la
differenza rispetto agli altri socialisti, che Marx ed Engels adottarono il
termine “Comunismo” che Lenin rilancerà in polemica con la
socialdemocrazia. Il limite principale di questi movimenti fu però, il fatto
che i lori membri appartenevano al tipo tradizionale di operaio, più vicino
alla categoria degli artigiani che a quella del proletariato industriale. Nella
loro adesione al Comunismo portavano avanti la protesta per la degradazione che
li colpiva o li minacciava in seguito all’avanzamento dell’industria
piuttosto che proporre e far emergere la coscienza della nuova classe
proletaria, ancora poco numerosa e politicamente poco consapevole. Soltanto nei
decenni successivi, dopo la metà secolo, la classe operaia realizzò la sua
mobilitazione politica e divenne la principale forza antagonista del mondo
borghese. In questa svolta storica ebbe un ruolo decisivo l’opera di K. Marx,
che di quella mobilitazione politica fu l’ispiratore di gran lunga più
importante.
Dice lo stesso Marx nel “Manifesto” del 1848: “...la
classe operaia è una classe con una sua individualità storica che lotta per
affermare politicamente il suo destino storicamente universale.”
L’intera politica Comunista si definisce all’interno di questa concezione
storico - filosofica di ordine generale che ne esprime anche la coscienza
teorica. Sarà con questo animo, ma anche con un notevole senso dell’azione
politica come realizzazione concreta, che Marx partecipò in prima persona alle
vicende del 1848 in Germania.