La riduzione di Feuerbach della religione all'antropologia

 

Feuerbach.JPG (16363 byte)Feuerbach con L’Essenza del cristianesimo non intende distruggere il cristianesimo, ma tenta di conservarlo nella sua essenza antropologica. L’antropologia, che è la scienza dell’uomo, rappresenta l’essenza della teologia, ad essa va ricondotta la religione, nello stesso modo in cui Dio va ricondotto all’uomo.

La base della religione è costituita dalla coscienza che l’uomo ha del proprio genere. L’uomo è un essere non isolato, ma in virtù della sua vita sociale è contemporaneamente l’io ed il tu dei rapporti con gli altri uomini. La coscienza individuale è ragione, volontà morale e sentimento, che non sono altro che gli attributi di tutto il genere; così allo stesso tempo trascendono anche l’individuo stesso. La coscienza del genere appare ora all’individuo singolo come esterna a sé, trascendente. Dio ha origine proprio in ciò, nel porre su di un essere astratto la coscienza generica dell’uomo, che viene alienata, oggettivata e personalizzata.

L’antropologia ha quindi il compito di dimostrare come ogni aspetto presentato come divino abbia la sua reale origine nell’uomo. Se l’uomo aliena i suoi bisogni e la coscienza generica in dio, tramite di esso egli ha la piena autocoscienza di sé stesso, del suo essere uomo.

<< L’essenza divina non è altro se non l’essenza umana, o per dir meglio non è altro che l’essenza dell’uomo, liberata dai limiti dell’uomo individuale, cioè reale e corporeo, oggettivata, ossia contemplata e venerata come un’altra essenza particolare, diversa dall’uomo stesso: tutte le determinazioni dell’essenza divina sono quindi determinazioni dell’essenza umana. >>. E’ come se l’uomo per giungere a sé stesso avesse compiuto una strada più lunga , quella attraverso Dio.

Feuerbach è molto preciso a catalogare ogni aspetto divino, e mistero del culto, come di origini antropologiche. In tale senso prima di tutto Dio diviene portatore dei tre attributi fondamentali della coscienza umana (ragione, volontà e sentimento). Così l’uomo sentendo che la ragione ha dei limiti nella sua individualità, la universalizza in dio che è onnisciente. nello stesso modo dio assume la volontà, che nella forma alienata si ripresenta all’uomo sottoforma di legge morale. L’uomo non è però in grado di adempire a questa legge senza infrangerla, così che Dio col suo carattere indulgente si fa anche portatore del sentimento. Data la sua infinita debolezza l’uomo necessita di un Dio che oltre che giudice si presenti come padre amorevole, pronto sempre a perdonare i peccatori. Proprio i peccati costituiscono, in quanto debolezze dovute al corpo e alla carne, un altro aspetto dell’essenza dell’uomo. Ecco che Dio facendosi Cristo, cioè carne e sangue, costituisce un ulteriore alienazione dell’uomo nella sua sensibilità corporale. Si spiega quindi il mistero dell’incarnazione: << La coscienza dell’amore è ciò grazie a cui l’uomo si concilia con Dio o, piuttosto, con sé stesso, con la propria essenza che, nella legge, egli si pone di fronte come un’altra essenza. La contemplazione, la coscienza dell’amore divino o, ciò che fa tutt’uno, di Dio come un essere esso stesso umano, questa contemplazione è il mistero dell’incarnazione. >>.

Lo stesso carattere triadico di Dio deriva dal carattere io – tu dell’uomo. In Dio l’io diviene il Padre, il tu il figlio e il terzo elemento, lo Spirito, non è altro se non l’amore alienato che sussiste fra l’io ed il tu umano.

L’uomo terreno vive accanto alla donna che prima è la madre e poi diviene la moglie, così anche la femminilità incarnata in Maria è assunta dalla teologia cristiana.

Si è visto come ogni aspetto della religione è riportato alla sua essenza antropologica grazie al sistematico rovesciamento del predicato e del soggetto, del primario e del secondario. Non è dio ( primario ) che viene prima, ma dall’uomo ( secondario ) deriva Dio: si invertono i rapporti

Parallelamente alla riduzione antropologica del cristianesimo, si ha sul piano storico "l’emancipazione" dell’uomo che sostituisce il cristianesimo e lo rende inattuale. Feuerbach cita a questo proposito il caso di Lutero il quale ha abolito dal protestantesimo il culto della Madonna nel momento in cui egli ha provato l’esperienza sessuale con una donna. Tra la dimensione divina e quella terrestre vi è un rapporto di proporzionalità inversa. Tanto più la vita in terra è manchevole, povera, tanto più assume carattere contrario la vita celeste, cioè tanto più l’uomo aliena i suoi bisogni e le sue mancanze in Dio.

Con il progressivo miglioramento della condizione dell’uomo e l’aumento delle sue conoscenze l’esigenza della religione diminuisce. Questo processo storico é rappresentato pienamente dal culto protestante che cura più l’aspetto umano di Dio, il suo umanizzarzi; rispetto al cattolicesimo che si preoccupa dell’aspetto teologico – dogmatico, di ciò che Dio è in se stesso, il protestantesimo diviene cristologia, cioè si occupa di ciò che Dio è per l’uomo.

L’uomo si è sentito impotente di fronte al mondo e alla natura e si è alienato nel Dio creatore il quale esercita la potenza di dominio che è negata al suo egoismo individuale.

Dopo le conquiste in campo scientifico e tecnologico – industriale la religione diviene << un’idea fissa >>, << che sta nel più stridente contrasto con le nostre assicurazioni sugli incendi e sulla vita, con le nostre ferrovie e locomotive, con le nostre pinacoteche e gliptoteche con le nostre scuole di guerra ed i nostri istituti professionali, con i nostri teatri ed i nostri gabinetti scientifici >>.

Se la religione è quindi un modo egoistico ed illusorio per sopperire ai propri limiti in una dimensione trascendente, occorre recuperare la dimensione del genere, intersoggettiva dell’uomo. Egli deve trovare il suo completamento in tutto il genere umano, il quale supera la limitatezza delle vite individuali e progredisce come nella storia, nella filosofia e nella scienza.

Feuerbach ritiene che la filosofia di Hegel sia stata l’ultimo tentativo di superare l’evidente antitesi fra il cristianesimo e "paganesimo" della filosofia greca. << La filosofia hegeliana ha nascosto la negazione del cristianesimo nel contrasto tra rappresentazione e pensiero, cioè ha negato il cristianesimo mentre l’ha posto; ha nascosto tale negazione nel contrasto tra cristianesimo iniziale e cristianesimo perfetto…..>>. Egli giunge ad una negazione pienamente cosciente del cristianesimo, fondando una filosofia non cristiana ma che tuttavia è religione dell’uomo: << Homo homini deus est, questo è il supremo principio pratico, questa è la svolta nella storia del mondo. I rapporti tra figlio e genitori, tra marito e la moglie, tra il fratello ed il fratello, tra l’amico e l’amico, in generale tra l’uomo e l’uomo, i rapporti morali, insomma sono per sé veri rapporti religiosi.>>.

In questo senso Feuerbach è stato criticato dagli altri hegeliani di sinistra di mantenere un atteggiamento religioso, in particolare Stirner lo definisce un << ateo pio >>. E’ bene infatti chiarire il concetto di ateismo prospettato da Feuerbach. Egli intende negare soltanto Dio, il soggetto, e mantenere i predicati cristiani nel loro particolare valore umano. Secondo il filosofo negare il soggetto non significa necessariamente negare i predicati in se stessi, i quali hanno significato proprio ed autonomo rispetto al concetto di Dio.

La critica della religione di Feuerbach non rappresentò, anche volutamente, nulla di conclusivo, tuttavia risultò molto influente per gli altri pensatori.