La presenza del fiume con le conseguenti condizioni fisico-ambientali ha nel tempo segnato e condizionato le attività umane in questo territorio. I lavori creatisi in stretto legame con l'ambiente circostante erano vari e rappresentavano pressoché l'unica risorsa della popolazione locale. Il lavoro dei raccoglitori di breccia, quello delle lavandare, la coltivazione del tabacco e la raccolta e lavorazione dei vimini ribadivano e legavano stabilmente la gente alla loro terra, seguendo i ritmi stagionali, e richiedevano un impegno e una dura fatica. I risultati che ne derivavano erano modesti se rapportati a tale dedizione e difficoltà e tuttavia permettevano alle famiglie il sostentamento indispensabile. Di queste attività poche sono sopravvissute e in misura del tutto limitata; solo la coltivazione del tabacco continua ad avere nella vallata una presenza significativa, naturalmente con tecniche e modalità profondamente mutate nel tempo.
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Elementare forma di attività legate alla presenza del fiume è il lavoro delle lavandaie, prima che fossero costruiti in paese i due lavatoi pubblici, o "vasche". Ma più lontano dal paese rimase sempre l'abitudine di lavare al fiume il bucato fatto dentro le tinozze con la cenere e trasportato dentro i catini sopra i carretti di legno. Lavoro duro, quello delle lavandaie, specie d'inverno, per la posizione del corpo e il lavoro di spazzola, le mani e il corpo deformati per la fatica e il freddo. |
"Duro anche il lavoro dei vagliatori di sabbia. In genere lavoravano in proprio e caricavano la rena da loro stessi vagliata sui barocci, per andare a venderla ai vari cantieri. I barocciai trasportavano dal Tevere anche carichi di breccia lungo le strade dove operavano vecchi "acciaccasassi" che - lavorando a cottimo, cioè un tanto al metro - spaccavano la breccia preparandola per il successivo lavoro degli stradini che la stendevano sulla superficie stradale." Le parole di A.Tacchini e D. Marinelli (riprese dall'Introduzione alla Mostra Fotografica del 1983 a Palazzo Vitelli IERI...IL TEVERE) aprono squarci di memoria sulle "barche" di breccia lungo le strade, su mestieri dimenticati, sulle immagini sfocate degli "acciaccabreccia", sui barocci pieni di sassi di fiume. I sassi con cui sono costruite le vecchie case del centro storico con i loro muri spessi: sassi per i muri, sassi per le fondamenta, rigorosamente levigati ed arrotondati dal fiume. | ![]() |
In qualche casolare della valle del Tevere una tradizione continua: è la lavorazione dei vimini..
Con questo nome si indicano i rami giovani, decorticati, flessibili di talune specie di salici, usati appunto per lavori di intreccio, fabbricazione di canestri, ecc. I nostri contadini usano, comunque, il termine "vimini" in modo esteso per indicare genericamente tutti i germogli che nascono da ceppi di alberi tagliati (es. pioppo, orniello, ecc.) L'ambiente circostante il corso del Tevere è particolarmente adatto alla vegetazione di alcune varietà di salici che naturalmente offrono materia prima, abbondante e di qualità, per lavori di intreccio.
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Gli artigiani locali, oltre che raccogliere i vimini dei salici che crescono spontaneamente nelle zone circostanti il corso del Tevere, ne coltivano anche una varietà importata dalla zona del Piemonte, che si sviluppa con rapidità tanto da fornire dopo un anno vimini lunghi anche tre metri. Quello coltivato è, tuttavia, meno pregiato di quello di fiume perché più grosso e più chiaro ed è utilizzato soprattutto per realizzare prodotti massicci, difficili da fare con le piante raccolte lungo il fiume che hanno uno spessore più sottile. |
Il vimine viene utilizzato, a seconda dei lavori, con o senza buccia. La raccolta avviene in due periodi: marzo e agosto. Quello raccolto in marzo (marzolo) è preso dai germogli dellanno prima: è molto resistente alla torsione e viene usato per tessitura. Quello raccolto in agosto è preso dai nuovi germogli: è fragile, ma molto liscio e usato per lavori di intreccio.
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Dopo la raccolta i vimini vengono puliti ed essiccati. Quando gli steli raccolti e sbucciati sono ben secchi vengono immersi alla base in una vasca con acqua: in questa maniera si riforma la linfa, il gambo riacquista colore, riprende una certa vitalità ed elasticità, cosa che favorisce la lavorazione; se si vuole ottenere una colorazione più scura si mette in acqua calda e si porta ad ebollizione.La lavorazione inizia solitamente con la preparazione del fondo del cesto che si poggia su dei "costelli" intrecciati tra loro. Essi vengono spaccati nel mezzo e infilati tutti in senso orizzontale rispetto ad uno mediano e interno, posto in senso verticale; si allargano poi a formare una croce cosiddetta "scompartita" che è lallontanamento dei vari costelli luno dallaltro.Intorno ad essi si procede poi alla tessitura: i fili di vimini vengono intrecciati lungo i costelli formando lo scheletro delle pareti e si procede andando avanti e indietro in senso orizzontale. Il lavoro termina con lorlo di cima e cioè con la bordatura finale. |
Gli strumenti usati sono semplicissimi, quasi rudimentali: alcune morse per fermare il paniere, che viene solitamente appoggiato in grembo o su bassi sgabelli, e un macchinario che serve per spaccare il vimine e poi trafilarlo. La trafilatura è unoperazione che consiste nel passare lo stelo di vimine attraverso dei rulli che lo pressano e lo assottigliano ricavandone una specie di filo assolutamente elastico.