Nel maggio del 1940, appena otto mesi dopo l'inizio della Seconda Guerra mondiale, l'esercito tedesco, che aveva già occupato la Polonia occidentale, la Danimarca e la Norvegia, invase l'Olanda e il Belgio per aggredire di sorpresa i francesi. I tedeschi attaccarono gli inglesi all'altezza del Lussemburgo e in poco tempo li scacciarono dal continente. Nei successivi dieci giorni l'esercito nazista sfondò le difese francesi e entrò a Parigi il 14 giugno. Successivamente i tedeschi si spinsero fino ai Pirenei e occuparono tutto il nord-ovest della Francia.
Il governo francese fu obbligato a chiedere l'armistizio e la Francia fu ulteriormente umiliata dall'Italia che le dichiarò guerra (10 giugno) e l'attaccò sulle Alpi, senza tuttavia ottenere alcun successo.
In quel momento la Francia era divisa in due parti: il nord e la costa atlantica erano in mano ai tedeschi che governavano direttamente la regione, attraverso un regime di occupazione militare; il centro-sud invece, sebbene non fosse stato occupato dai nazisti, era amministrato dal governo di Vichy, un governo fantoccio, collaborazionista e fascista, diretto dai tedeschi e ad essi sottomesso, presieduto dal maresciallo Philippe Pétain.
Il governo di Vichy esprimeva l'anima antisemitica, autoritaria e antidemocratica della Francia, promossa dall'Action Française, che si era già rivelata ai tempi dell'Affaire Dreyfus. Il governo di Pétain, sebbene imposto dai tedeschi, rappresentava nondimeno gli interessi della Francia militarista e clericale, dell'estrema destra, reazionaria e razzista, che era stata sconfitta ripetutamente dai partiti democratici.
Pétain impose alla Francia meridionale un regime autoritario, gerarchico e fascista che adottò ben presto le leggi razziali e promosse in Francia la deportazione degli ebrei nei lager nazisti, diretta dal Commissariato generale agli affari ebraici.
Il potere legislativo fu assunto da Pétain, che si attribuì anche l'incarico di designare le assemblee rappresentative.
A favore di Vichy si schierarono, oltre alle élite militariste e sociali e all'estrema destra, anche gli alti tecnocrati dello Stato, le gerarchie ecclesiastiche e alcuni degli intellettuali più brillanti della Francia, come Céline, autore di un libretto antisemita, Drieu La Rochelle e Robert Brasillach.
Contro di esso invece si schierarono la sinistra e i suoi partiti (il Partito socialista SFIO, il Partito comunista PCF), il Partito dei cattolici MRP (Mouvement Rèpublicain Populaire), numerosi intellettuali di orientamento democratico e antifascista (René Char, Louis Argon, Paul Èluard, Vercors, Sartre, ecc), e una parte consistente dell'esercito, che continuò a combattere a fianco della Gran Bretagna, e si pose sotto il comando del generale De Gaulle, che da Londra esortava i soldati a proseguire la lotta contro i nazisti rifiutando il governo di Vichy.
De Gaulle dirigeva la Resistenza antifascista nelle colonie francesi dell'Africa Settentrionale attraverso un'organizzazione chiamata "Francia libera". Gli appelli di De Gaulle, diffusi da Radio Londra, contenevano anche importanti messaggi codificati destinati ai gruppi di resistenti in Francia.
La borghesia francese si spaccò sulla questione: una parte di essa sosteneva Pétain per non dover collaborare con il comunismo, l'altra invece puntava al riscatto della patria asservita al nemico tradizionale ed era disposta a sostenere la Resistenza.
Inizialmente, nei primi mesi dell'occupazione tedesca della Francia, le autorità naziste furono concilianti e tolleranti nei confronti dei francesi, nella speranza di poter trascinare la Francia nella guerra contro la Gran Bretagna; i nazisti cercarono quindi la cooperazione della popolazione civile e tentarono di ottenere l'appoggio dell'opinione pubblica.
Tuttavia, a mano a mano che aumentava la resistenza dei francesi e si moltiplicavano gli assalti dei partigiani, i tedeschi cambiarono radicalmente atteggiamento e ben presto rappresaglie, fucilazioni di civili e distruzione di proprietà divennero prassi comune.
Come stavano già facendo negli altri territori occupati, in Francia i nazisti massacrarono e deportarono per rappresaglie ingiustificate migliaia di persone, rasero al suolo villaggi e città giudicate complici dei partigiani e bruciarono migliaia di ettari di terra fertile. Inoltre le autorità naziste occuparono le case dei civili e depredarono il paese di risorse e tesori d'arte.
Queste violente misure, seppur in aperto contrasto con i regolamenti internazionali e con la Convenzione di Ginevra, furono adottate in tutti i territori occupati militarmente; l'obbiettivo delle autorità tedesche di occupazione era di sfruttare tutte le risorse del paese per lo sforzo bellico e di terrorizzare le popolazioni locali, per scoraggiare tentativi di rivolta.
Gli oppositori politici dei tedeschi in entrambe le parti della Francia furono rinchiusi in prigione, uccisi o internati nei campi di lavoro. I partigiani venivano considerati alla stregua di banditi e non venivano mai fatti prigionieri, ma erano fucilati o impiccati.
Nella Francia occupata dai nazisti, nacquero nuclei di Resistenza antitedesca che agivano clandestinamente con azioni di guerriglia per danneggiare materialmente e moralmente l'esercito occupante. Questi gruppi di partigiani sopravvivevano grazie al consenso e all'appoggio della popolazione civile, e collaboravano con gli Alleati che li rifornivano di armi e di altro materiale bellico.
Durante l'occupazione nazista i partigiani organizzarono attentati e imboscate contro i tedeschi e diffusero clandestinamente la stampa comunista. Tentarono anche di impedire la deportazione degli ebrei nascondendoli e aiutandoli ad espatriare.
Come in Italia, anche in Francia la Resistenza democratica collaborò con quella comunista impedendo che si verificassero scontri analoghi a quelli che accadevano in Polonia, Grecia e Jugoslavia fra partigiani comunisti e partigiani di destra. I partigiani francesi, qualunque fosse il loro schieramento politico, erano uniti dal comune obbiettivo di liberare la patria dall'invasore.
Ciononostante la Resistenza, alla stregua di una guerra civile, spaccò la popolazione civile, creando aspri conflitti interni fra sostenitori e oppositori del regime di Vichy.
Le azioni dei partigiani suscitavano violente rappresaglie da parte dei tedeschi, che si vendicavano compiendo eccidi ed azioni di brutalità nei confronti della popolazione civile, giudicata complice. Un caso tristemente famoso è quello di Oradour-sur-Glane, un villaggio del Massiccio centrale dove nel giugno del '44 tutti gli abitanti, in tutto più di seicento, furono passati per le armi dai nazisti, per vendicare un attacco sferrato dai partigiani contro alcuni soldati tedeschi; peraltro l'assalto dei partigiani si era verificato a cinquanta chilometri dal villaggio. A detta dei tedeschi queste azioni erano giustificate, perché la comunità era sempre responsabile delle azioni ostili di singoli.
Due anni prima, nel settembre del '42, dopo un assalto dei partigiani ad alcuni soldati tedeschi al Cinema Rex di Parigi, 116 ostaggi furono fucilati per rappresaglia.
Addirittura il comando tedesco provvide a creare un deposito di ostaggi a Romainville, nei sobborghi di Parigi, da dove venivano prese vittime da fucilare ogni volta che un soldato tedesco veniva ucciso dalla Resistenza.
Questa situazione peggiorò drasticamente negli ultimi tre anni della guerra. Fallito oramai ogni tentativo di collaborazione, i tedeschi governavano con il terrore e furono autorizzati dagli alti comandi a fucilare senza processo.
I franchi tiratori, che non facevano proprio parte dei reparti di resistenza e organizzavano imboscate e atti di sabotaggio contro i tedeschi, se arrestati venivano torturati e poi giustiziati senza processo.
In tutto la Resistenza francese conobbe circa 150 mila caduti e 200 mila deportati.
Il caso complesso e controverso della Resistenza in Germania e l'opposizione degli intellettuali della Rosa Bianca
In Germania l'opposizione al nazismo si manifestò con modalità diverse rispetto alle resistenze europee nei territori occupati dai nazisti. Come l'antifascismo in Italia, anche l'antinazismo in territorio tedesco si sviluppò fin dai primi anni del Terzo Reich, ma incontrò fin dall'inizio difficoltà e ostacoli dovuti al sistema terroristico e repressivo messo in atto dagli uomini di Hitler per reprimere ogni forma di dissenso al regime. I primi lager infatti furono costruiti appositamente per oppositori politici e dissidenti, veri o presunti.
Ciò che differenzia essenzialmente la situazione tedesca dagli altri movimenti europei di lotta contro il nazifascismo, e che impedì ai diversi nuclei di coagularsi a livello di massa e formare un'opposizione solida, non solo politica ma anche militare, al regime nazista, fu il fatto che mancava in Germania la presenza straniera che altrove aveva stimolato le popolazioni civili a ribellarsi in nome dell'integrità della patria e del senso di appartenenza nazionale.
Pertanto la resistenza in Germania riguardò generalmente soltanto alcune minoranze, provenienti non solo dal movimento operaio, ma anche dal settore amministrativo e dall'esercito, oltre che dalle élite intellettuali e studentesche; soltanto pochi in realtà riuscirono a sottrarsi all'appello patriottico del nazismo e all'inquadramento delle masse attuato da Hitler, fornendo un'opposizione minoritaria e in gran parte silenziosa al regime.
Naturalmente, per poter comprendere i motivi per cui i nuclei di Resistenza in Germania furono così limitati e confinati, è necessario tener presente la complessa articolazione del sistema nazista, che mirava ad un accentramento amministrativo, giuridico, politico e culturale totale, alla fusione completa di stato e società e al controllo assoluto sulle masse, anche attraverso una polizia segreta, la Gestapo, che calpestava sistematicamente le libertà civili dei cittadini tedeschi.
È importante ricordare anche che in seguito alla disfatta tedesca a Stalingrado, quando oramai le sorti della guerra erano cambiate per la Germania, l'opposizione al nazismo e i tentativi di rovesciare il regime (con atti terroristici e complotti che culminarono nell'attentato a Hitler del 20 luglio 1944), iniziarono a provenire anche da settori interni del regime, dall'esercito, dall'amministrazione e da fronde interne del partito che volevano salvare il salvabile, le briciole di autorità che possedevano, prima della disfatta totale della Wehrmacht, che si prospettava inevitabile.
Sebbene alcune interpretazioni storiografiche neghino l'esistenza di una Resistenza tedesca al nazismo, di fatto durante la guerra si formarono in Germania più di 300 gruppi di oppositori politici al regime, che agivano clandestinamente diffondendo stampe comuniste e antinaziste e impedendo con atti di sabotaggio il normale funzionamento della macchina nazista. Tuttavia questi gruppetti rimasero isolati a causa del controllo pressoché completo che le istituzioni naziste esercitavano sulla popolazione.
Il più celebre di questi gruppi fu la Rosa Bianca, un'associazione fondata intorno al 1938 da studenti, professori e intellettuali contrari al regime nazista, che agivano soprattutto nell'area di Monaco.
I membri della Rosa Bianca erano generalmente giovani borghesi che avevano testimoniato le violenze compiute dai nazisti nei confronti dei loro coetanei ebrei e che in seguito avevano visto le atrocità commesse dall'esercito tedesco durante l'occupazione della Polonia; tutto ciò li aveva spinti a prendere posizione contro il regime di Hitler.
L'azione principale della Rosa Bianca era la creazione e distribuzione di volantini e manifesti dove venivano denunciate le autorità naziste, colpevoli di stragi, deportazioni e violenze di ogni tipo nei confronti degli ebrei e della nobiltà polacca, che fu sterminata in massa durante l'occupazione della Polonia. Gli studenti incoraggiavano la popolazione civile a ribellarsi al regime attraverso il dissenso e la disubbidienza civile; essi invocavano una resistenza prima passiva poi attiva.
I manifesti pubblicati furono in tutto sei e circolarono clandestinamente in tutta la Germania a partire dal 1942. Produrre e distribuire volantini sovversivi come questi era estremamente difficile e pericoloso in quanto chiunque venisse trovato in possesso di documenti compromettenti o ostili al nazismo veniva giustiziato, a volte anche senza processo.
I manifesti della Rosa Bianca erano disseminati di citazioni di Goethe, Schiller, Aristotele e facevano appello "allo spirito tedesco profondamente ferito" (quarto volantino) che doveva liberarsi dal terribile veleno, il nazismo, che lo stava distruggendo.
Dopo la disfatta di Stalingrado, l'umore generale in Germania cominciò a cambiare e le azioni della Rosa Bianca divennero più audaci: cosparsero i muri della città di slogan antinazisti e cancellarono molte svastiche ed emblemi del partito nazionalsocialista.
Il sesto volantino fu l'ultimo in quanto alcuni membri del gruppo furono arrestati mentre lo distribuivano dalla Gestapo. Essi furono processati insieme a molti altri membri della Rosa Bianca e in tutto sette persone furono condannate a morte, mentre molte altre morirono in seguito a cause delle torture subite.
Il 3 settembre 1943 l'Italia, sconfitta militarmente e assediata dagli angloamericani, decise di staccarsi dall'alleato tedesco e firmò l'armistizio con gli Alleati, impegnandosi a combattere contro i tedeschi in qualità di belligerante.
Mussolini era stato arrestato il 25 luglio e il governo era nelle mani di Pietro Badoglio. Tuttavia il paese era in preda al caos e cinque giorni dopo l'armistizio, il re e Badoglio fuggirono da Roma verso la Puglia, che nel frattempo era stata liberata dagli Alleati.
Mentre il Meridione era ormai stato completamente liberato dagli Alleati, l'Italia settentrionale fu occupata militarmente dall'esercitò tedesco che liberò Mussolini e lo pose a capo di un nuovo stato fascista, la Repubblica sociale italiana (Rsi) con capitale a Salò. La Repubblica di Salò era in realtà un governo fantoccio, asservito ai nazisti come il regime di Vichy in Francia, che promosse la deportazione degli ebrei in Italia e fece costruire presso Trieste un campo di concentramento per gli ebrei italiani.
L'esercito, privo di qualsiasi direttiva da parte degli alti comandi, che avevano abbandonato il campo,si sbandò. I comandi che erano rimasti venivano passati per le armi dai tedeschi mentre interi reparti in fuga venivano arrestati dai nazisti e mandati in Germania nei campi di lavoro.
La maggior parte dei soldati tentò comunque di ritornare a casa, con qualunque mezzo, e in poco tempo l'esercito italiano si era completamente disgregato. Solo pochi reparti presero sul serio la cobelligeranza e si opposero all'occupazione tedesca.
Nei primi mesi dell'occupazione nazista, in tutta l'Italia settentrionale si formarono bande di resistenti, composte da soldati, militanti antifascisti, renitenti alla leva, operai, intellettuali antifascisti e anche contadini. Nacque anche un Comitato di liberazione nazionale (Cln), che coordinava l'azione dei numerosi Comitati di liberazione sorti nelle regioni occupate. Il Cln operava politicamente nell'Italia meridionale, sotto la tutela degli Alleati, e ad esso si affiancò nel 1944 il Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia (Clnai) che dirigeva i Cnl locali del Nord.
In Piemonte e nelle altre regioni occupate dai tedeschi alcune unità dell'esercito si diedero alla guerriglia, collaborando con i nascenti gruppi di resistenza nel tentativo di liberare l'Italia dai nazisti. Questi soldati costituirono i partigiani "autonomi" che si dichiaravano apolitici.
Tuttavia la maggior parte delle unità partigiane erano fortemente politicizzate e lottavano non solo per liberare l'Italia dai nazisti ma anche per avviare un rinnovamento in senso democratico delle istituzioni politiche.
I partigiani operavano con l'appoggio della popolazione civile e con l'aiuto degli Alleati, che li rifornivano di materiale bellico, e a partire dall'estate del '44 furono inquadrati nel Corpo dei volontari della libertà (Cvl) comandati dal generale Cadorna. La Resistenza quindi agì come un vero e proprio esercito, composto da circa duecentomila combattenti di entrambi i sessi, che subì fortissime perdite ma diede un apporto decisivo al processo di Liberazione dell'Italia dal nazifascismo e diede nuovo vigore al sentimento di appartenenza nazionale. I partigiani impegnarono gli occupanti in una lotta senza quartiere, servendosi soprattutto di azioni di guerriglia e di sabotaggio.
La Resistenza era composta da forze politiche eterogenee. I comunisti, inquadrati nelle Brigate Garibaldi, erano in maggioranza; tuttavia erano numerosi anche i partigiani della sinistra democratica di Giustizia e Libertà. Esistevano inoltre gruppi di resistenza di matrice cattolica e infine formazioni di orientamento socialista, le Brigate Matteotti. Nelle città operavano i Gap, Gruppi di azione patriottica, coadiuvati dai garibaldini e aiutati dalla popolazione civile, in particolar modo dalle staffette, che portavano informazioni e notizie da una unità all'altra. I Gap vivevano in clandestinità e compivano attentati contro i militari tedeschi e atti di sabotaggio, per danneggiare anche materialmente l'esercito occupante. Facevano inoltre circolare le stampe comuniste e socialiste e aiutavano gli ebrei a espatriare.
Anche se generalmente le diverse unità partigiane collaboravano fra loro, in alcuni casi vi furono scontri e regolamenti di conti fra brigate di orientamento politico diverso.
In Friuli inoltre i partigiani comunisti collaborarono con i partigiani jugoslavi, diretti da Tito che compirono eccidi contro la popolazione civile. I partigiani titini avevano infatti occupato gran parte del Friuli e tutta l'Istria, e senza fare alcuna distinzione fra fascisti e non, massacrarono migliaia di persone, gettandoli nelle foibe, le cavità carsiche del terreno.
Tuttavia questi casi furono limitati e in generale la Resistenza unì le forze antifasciste, comuniste e democratiche, nel comune sforzo di liberare il paese dai nazisti. Si configurò come una di guerra patriottica, che ottenne risultati importanti: al Nord i partigiani riuscirono a liberare intere zone dall'occupazione nazista, dove costituirono governi indipendenti.
Ciononostante come in Francia la Resistenza fu anche una guerra civile che provocò la nascita di aspri conflitti e spaccò la popolazione civile in due schieramenti, uno favorevole alla Rsi, l'altro favorevole ad un nuovo ordine sociale e politico, che si sarebbe raggiunto liberando il paese dal nazifascismo. Una parte della popolazione rimase comunque passiva, e non intervenne direttamente nella lotta.
Di fronte alla crescente opposizione degli italiani, le autorità tedesche di occupazione fecero ricorso a misure brutali di repressione, vendicando su civili inermi gli attentati dei partigiani. Negli ultimi due anni di guerra i nazisti, con la complicità dei fascisti, compirono eccidi e violenze di ogni tipo nei confronti delle popolazioni locali, nel tentativo di scoraggiare la Resistenza.
A Roma, per rappresaglia contro un attentato dei Gap, che aveva ucciso trentatré soldati tedeschi, i fascisti consegnarono alle SS trecentotrentacinque cittadini, che furono fucilati alle Fosse Ardeatine poco prima della liberazione della città. Fra di essi c'erano un vecchio di settant'anni, un ragazzo quattordicenne e cinquantacinque ebrei, nessuno dei quali aveva avuto contatti con i partigiani.
Il comandante tedesco, Albert Kesselring aveva inoltre fatto rinchiudere in condizioni disumane centinaia di antifascisti, nella prigione romana di via Tasso.
Marzabotto, un paese nelle vicinanze di Bologna, fu occupato dai tedeschi perché ritenuto colpevole di sostegno ai partigiani, e fra il 29 settembre e il 1 ottobre 1944, quasi duemila civili furono fucilati.
A Civitella Val di Chiana, in provincia di Arezzo, le SS avevano fucilato per rappresaglia tutti i maschi adulti e avevano poi dato fuoco al paese.
Queste rappresaglie, anziché indebolire la Resistenza, la rafforzavano e a mano a mano che le azioni dei nazifascisti diventavano più cruente e feroci, il sostegno popolare ai partigiani cresceva. Negli ultimi mesi di occupazione, una larga maggioranza popolare era schierata oramai dalla parte dei partigiani. Anche numerosi preti diedero il loro appoggio alla Resistenza e intanto provvidero a nascondere gli ebrei, per proteggerli dalle persecuzioni naziste. Grazie all'aiuto di questi preti e dei partigiani, un gran numero di ebrei italiani riuscì a sottrarsi alla deportazione nei lager.
Negli ultimi mesi di guerra, quando oramai le truppe naziste erano in ritirata, i partigiani inoltre salvarono numerosi impianti industriali del Nord, che i tedeschi volevano far saltare in aria, permettendo all'Italia settentrionale di conservare le sue strutture produttive.
La Resistenza partigiana fu un fenomeno diffuso, che coinvolse in misura diversa tutti i paesi occupati dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Tuttavia, mentre in Francia e in Italia le due componenti della Resistenza, quella comunista e quella democratica, collaborarono, in Jugoslavia, Grecia e Polonia, la Resistenza comunista e quella filo-occidentale non riuscirono a trovare un accordo e combatterono apertamente fra di loro. In Jugoslavia i partigiani nazionalisti e filo-occidentali finirono con l'abbandonare la lotta contro il fascismo, perché l'odio anticomunista si dimostrò insuperabile e impedì alla destra di formare un'alleanza con i partigiani comunisti, diretti da Tito. In molti casi si verificarono violenti conflitti fra partigiani titini e partigiani di destra, e sovente questi ultimi finirono con l'allearsi con i tedeschi. I partigiani titini, a loro volta, si resero colpevoli di terribili stragi nei confronti dei civili italiani che abitavano in Friuli e nell'Istria. Essi gettarono nelle foibe migliaia di persone e costrinsero all'esodo l'intera popolazione italiana di queste zone.
In Jugoslavia quindi la guerra partigiana costituiva una guerra civile vera e propria, che si svolse fra comunisti, fascisti e filo-occidentali, e che fu ulteriormente complicata dalle diverse appartenenze etniche e religiose dei popoli jugoslavi. Essa terminò con la vittoria dei comunisti, che riuscirono a liberare il paese dai fascisti prima dell'arrivo dell'Armata rossa.
In Unione Sovietica i partigiani furono inquadrati e armati dall'esercito, che li riforniva di armi e materiale bellico con lanci paracadutati. I partigiani sovietici erano diretti dai comandi militari dell'Armata rossa e non avevano quindi nessun potere decisionale, ma costituivano piuttosto un prolungamento dell'esercito sovietico che operava alle spalle dei tedeschi. A differenza delle altre resistenze europee, quella russa era rigidamente controllata dagli alti comandi militari e non prevedeva un progetto politico rivoluzionario.
I partigiani russi sabotavano e distruggevano sistematicamente le linee di rifornimento della Wehrmacht; i tedeschi non li consideravano combattenti e per questo, se venivano arrestati, venivano fucilati immediatamente.
L'occupazione tedesca in Russia e negli altri paesi dell'Europa orientale (Polonia, Ucraina, Cecoslovacchia) fu particolarmente dura perché i nazisti consideravano gli slavi inferiori, li definivano sottouomini utili solo per il lavoro pesante. La Polonia e le zone dell'Urss cadute sotto controllo tedesco furono governate con il terrore e la violenza dalle autorità naziste fin dai primi giorni di occupazione.
Milioni di uomini e donne slave furono deportati in Germania per lavorare in condizioni servili nelle industrie tedesche; la popolazione locale fu debilitata con la denutrizione e i soldati catturati vennero rinchiusi in campi di concentramento, dove moltissimi di loro morirono di stenti.
In molti casi Hitler fece abolire il sistema scolastico superiore di questi paesi per mantenere nell'ignoranza le popolazioni slave; egli avrebbe voluto abolire anche il servizio sanitario per gli slavi.
Gli intellettuali che si opponevano al nazismo furono assassinati o deportati nei campi di concentramento.
In Polonia e in Russia le autorità naziste massacrarono migliaia di ebrei e crearono appositi ghetti dove rinchiudere le popolazioni ebraiche, il più grande dei quali fu il ghetto di Varsavia. In territorio polacco fu costruito anche il più grande campo di concentramento nazista, il campo di Auschwitz, in cui persero la vita centinaia di migliaia di ebrei europei.
L'annientamento degli ebrei non fu comunque l'unico eccidio perpetuato dai nazisti durante l'occupazione dell'Europa orientale.
In Russia ai soldati tedeschi fu ordinato di uccidere da 50 a 100 russi per ogni tedesco ucciso da azioni di partigiani. I bambini russi inoltre venivano concessi alla scuola di tiro della Hitlerjugend per essere utilizzati come bersagli viventi.
Le truppe tedesche e le SS che avevano occupato vaste zone dell'Europa orientale commisero delitti brutali ed efferati contro bambini, donne, uomini e vecchi. Si calcola che fra il settembre 1939 e il gennaio 1945 nella sola Polonia più di trentamila persone furono uccise dai nazisti; circa l'84% delle vittime furono giustiziate senza processo.
Le SS inoltre rasero al suolo interi villaggi, uccisero e torturarono intere comunità senza risparmiare donne e bambini, e spesso infierirono sui cadaveri delle vittime, facendosi fotografare accanto ad essi come cacciatori o allestendo vere e proprie "mostre" con le spoglie.
Molti di questi eccidi vennero alla luce solo durante il processo di Norimberga, quando emerse con chiarezza la brutalità del regime nazista, che aveva messo a morte milioni di cittadini innocenti.
Fonti:
Storia e storiografia vol: Il Novecento: dall'età giolittiana ai nostri giorni, tomo terzo,autori: Antonio Desideri e Mario Themelly, Casa Editrice G. D'Anna
Corso di Storia, Il secolo XX, autori: Adriano Prosperi e Paolo Viola, Ed Einaudi Scuola
Storia 3° popoli, culture, relazioni, autori: Marcello Flores, Edizioni Scolastiche Bruno Mondatori
Dizionario della Resistenza
http://www.olokaustos.org/opposizione/gruppi/weisserose/index.htm