Nel 1922, con la marcia su Roma, Mussolini porta con violenza al potere il fascismo. Negli anni che seguono, soprattutto a partire dal delitto Matteotti del 1924 e dalle successive leggi "fascistissime", la dittatura intraprende la costruzione della città fascista, espressione dell'architettura razionalista e della nuova organizzazione ideologica del territorio.
Il fascismo si presentò inizialmente in Italia come una forza nuova in grado di modernizzare la nazione: l'architettura razionalista divenne quindi espressione compiuta di questa volontà. Oltre la componente di natura ideologica non va poi dimenticata quella di natura pratica, cioè che l'architettura divenne la principale e migliore forma di propaganda, nonché fonte di prestigio Internazionale, per il regime. Rispondono a questo intento propagandistico numerosi interventi sia sul piano dell'urbanistica, con la costruzione ex novo di intere città (Littoria, Sabaudia, Guidonia, Aprilia ) e interventi spesso radicali (e scellerati come nel caso di Roma ) su vaste aree urbane, sia sul piano architettonico, con la costruzione di edifici monumentali (come il Palazzo di Giustizia di Milano ). Si instaura un clima di fibrillazione culturale, dentro il quale si fanno avanti istanze spesso contraddittorie, che spingono da un lato verso un'arte popolare e privata (Strapaese ), dall'altro verso la creazione di uno stile fascista, magniloquente e statista (Stracittà ). Gli edifici venivano generalmente eretti sulla falsariga del Bauhaus, caratterizzati quindi da volumi netti, coperture piane e finestre prive di timpani o cornici. Fra i maggiori interpreti dell'architettura italiana del periodo fascista troviamo, ognuno con un differente rapporto nei confronti del regime, gli architetti Giuseppe Terragni, Marcello Piacentini e Giovanni Michelucci.
Per l'arte del consenso notevole importanza assume anche l'opera di Sironi, che, al di là della sua convinta adesione al fascismo e del suo impegno per costruire un'arte al servizio dell'ideologia di regime, riesce a connotare una concezione pessimistica del destino dell'uomo e un'esaltazione dei valori della civiltà. Nel Manifesto della pittura murale del 1933, pubblicato con Carrà, Campigli e Funi, Sironi dichiara che la pittura murale è l'espressione più autentica dello "stile fascista" e in essa deve prevalere l'elemento stilistico su quello emozionale: questo stile deve essere "antico e allo stesso tempo nuovissimo".
Dopo la promulgazione delle leggi razziali in Italia, il governo fascista decide di mettere ordine anche nel campo dell'arte figurativa. Sull'esempio della Germania, si cerca di predisporre una lista per l'arte "degenerata", relativa a pittori dell'avanguardia italiana, esaltando nel contempo quell'arte "sana" che avrebbe dovuto rappresentare i valori della razza italica.
Agli artisti vengono offerte molte committenze pubbliche, tutte volte ad esaltare retoricamente il nuovo regime prima, le colonie conquistate poi, e infine il risorto impero romano: è l'arte del consenso sostenuta da artisti convinti assertori dell'ideologia fascista. Agli oppositori non rimane altra possibilità che il tacere.
Nel 1934 l'italiano Enrico Fermi realizzò la fissione dell'uranio, che aprì la strada all'utilizzazione dell'energia nucleare e alla costruzione della bomba atomica.
Il 24 dicembre del 1938 Otto Hahn, Fritz Strassmann e Leo Szilard bombardano il nucleo dell'atomo di uranio con i neutroni lenti scoperti da Fermi e riescono a dividerlo in due facendo sprigionare una enorme quantita' di energia.
È la prima fissione nucleare della storia.
La società di massa crea nuove forme di divertimento collettivo e individuale:
Oltre alla produzione in serie, alla standardizzazione delle merci e all'aumento dei consumi, negli anni trenta cominciarono ad emergere altri aspetti caratteristici della società di massa. Essi coinvolgevano ancora soltanto alcune minoranze della popolazione, il cui atteggiamento e le cui scelte sembravano però indicare la direzione di sviluppo che avrebbe preso l'intera società. Uno di questi aspetti fu quello del tempo libero, che divenne una dimensione sempre più importante della vita sociale ed economica. Le nuove industrie dello spettacolo conobbero un rapido sviluppo. Il cinema, il varietà, il cabaret, gli sport agonistici, la radio e il grammofono ampliarono le occasioni e le possibilità di divertimento collettivo e individuale. Molti balli (dal tango al fox - trot, al boogie - woogie ) divennero familiari o vennero inventati proprio in quegli anni. Aumentò anche il numero di persone che cominciò ad andare in vacanza. Fu in questo periodo che molte località iniziarono a organizzarsi e attrezzarsi in funzione del turismo estivo.
L'industria automobilistica attraversa una fase di rapido sviluppo
L'industria automobilistica, sorta alla fine dell'Ottocento e divenuta uno dei settori trainanti dell'economia dei paesi più progrediti, produceva all'inizio del secolo ancora poche migliaia di esemplari. Tra il 1924 e il 1939 essa conobbe un rapido sviluppo. In Italia la Fiat, fondata dall'industriale Giovanni Agnelli nel 1899, fu una delle prime industrie europee ad adottare il sistema della catena di montaggio.
Quando conquista il potere (1922 ) Mussolini intuisce la crescente incisività di questo nuovo mezzo di comunicazione e lo usa spregiudicatamente per sostenere la sua politica: il cinema è utilizzato, in un certo senso, come "grancassa" del regime fascista.
Egli afferma subito pubblicamente di ritenere il cinema "l'arma più forte dello Stato". Già allora, quando il sonoro era ancora di là da venire e la produzione italiana era scarsa e di non eccelso livello, con la sua ben nota "lungimiranza fascista", il duce aveva capito l'importanza dell'immagine per fare presa sul popolo. Eppure il regime non cercò mai di asservire totalmente il cinema alla propaganda della sua ideologia, come avrebbe invece fatto il nazismo. Grazie anche all'intelligente consiglio di alcuni responsabili politici, Mussolini lasciò al cinema italiano la possibilità di realizzare pellicole con sufficiente autonomia, tenne leggera la scure censoria e si limitò a controllare i documentari didattici e i cinegiornali educativi.
Mussolini imbocca così una via italiana al cinema che permetterà a registi come De Sica e Visconti di non sentirsi troppo frustrati e di preparare, già alla fine degli anni Trenta, il neorealismo del dopoguerra. I film di evasione, quelli storici, quelli romantici, non interessano più di tanto il partito, che invece ci tiene ad esportare nel mondo un'immagine vincente dell'Italia, anche attraverso i suoi lungometraggi. Diverso è il discorso per quanto riguarda l'informazione, che viene proiettata in tutti i cinematografi prima di ogni spettacolo, e alla quale è affidato il compito di mostrare alla popolazione i fasti del regime.
Fino al 1931 i cinegiornali sono muti, con l'avvento del sonoro, le parole pronunciate enfaticamente e la musica acquistano un'importanza fondamentale nel sottolineare le immagini, anzi a volte sono proprio le parole che danno senso ad immagini banali, magari anche riciclate.
La grandezza e il valore del duce, i progressi dell'Italia, l'aumento di produttività dell'industria e del grano nei campi, il prestigio in campo internazionale, sono i temi ricorrenti in tutti i cinegiornali.
Un tema particolarmente importante è quello che riguarda l'immagine del duce. Lui, l'artefice di ogni successo, l'incarnazione di tutti i valori dello Stato, il solo responsabile del bene del Paese, è mostrato sempre sicuro di sé, forte, robusto, un punto di riferimento per tutti sia quando passa in rassegna le truppe che quando visita un ospedale, falcia il grano o stringe la mano ad un capo di Stato straniero. Quando declama un discorso, la sua posa e la sua intonazione, le lunghe e sapienti pause tra una parola e l'altra, sono un invito a nozze per riprese enfatiche e glorificanti.
Molto importante è l'attività dell'istituto LUCE che dal 1924, data della sua costituzione, è impegnato nella produzione e nella distribuzione cinematografica e documentaristica. Questa specifica attività gli è stata affidata, sin dall'atto costitutivo della sua fondazione, direttamente dallo Stato. (Da anni il Luce è particolarmente attivo nella produzione e diffusione del cinema di qualità, e nel corso della sua storia ha distribuito i film dei più grandi registi italiani, distinguendosi anche nella diffusione di film stranieri firmati da autori di prestigio internazionale. Oggi è un polo creativo e produttivo che, spesso in collaborazione con autori del nuovo cinema italiano e importanti imprenditori, produce e distribuisce il cinema d'autore ) la sua attività comprende anche numerosi documentari, destinati alle riunioni politiche, alla didattica, spesso anche al normale pubblico delle sale cinematografiche.
Importante figura è quella di Luigi Freddi, passato alla storia come eminenza grigia del Cinema di regime, che organizzò le fila di una più ambiziosa proposta di cinema di Stato: nasce l'idea di Cinecittà che Mussolini inaugurerà nel "Natale di Roma" del 1937.
Si può dire che fino al 1938, anno in cui diventa più stretta l'unione tra Mussolini e Hitler, il fascismo segue da vicino il cinema italiano, ma interviene più per sostenerlo che per sottometterlo: si limita a controllare che i film non promuovano comportamenti immorali e che non presentino situazioni in contrasto con la cultura fascista, ma per il resto preferisce porsi come osservatore che come padrone.
Sono di questi anni molti film comici, anche dialettali, e si affermano in questo periodo attori come Petrolini, Vittorio De Sica, Totò, in quelle commedie popolari che precedono il neorealismo del dopoguerra.
Marta Meazzini