L'origine dell'uomo: una o molte?

Concetto di razzismo

Il termine razza è comunemente utilizzato per individuare, all'interno della specie umana, sottogruppi specifici riconoscibili in base a caratteristiche fisiche, culturali, linguistiche e psicologiche. Mentre il termine "razza" ha una connotazione neutra, il razzismo tenta di stabilire una connessione fra tipo fisico e capacità morali e intellettive e si risolve in un atteggiamento discriminante nei confronti delle razze definite inferiori. Il razzismo si fonda sulla credenza che esistano in natura razze superiori, degne di sottomettere altre razze giudicate inferiori; nella storia il razzismo è divenuto un pretesto per giustificare la colonizzazione di vasti territori, la segregazione di gruppi etnici minoritari, la persecuzione e persino il genocidio, la totale distruzione di una minoranza etnica, quella ebraica.
Il razzismo ordina le diverse razze umane in una gerarchia, al cui vertice si trova la razza bianca, la più nobile di tutte che rappresenta il culmine della specie umana, massimo esempio di bellezza e moralità, destinata tuttavia a perire se la purezza del suo sangue viene "contagiata" dalle razze inferiori.

Monogenismo e poligenismo 

Le teorie della razza si sono diffuse in Europa a partire dal XVIII secolo in ambiente illuministico e hanno affrontato alcuni grandi temi, fra cui il problema dell'origine dell'uomo. Antropologi e filosofi da secoli si sono chiesti se l'umanità sia discesa da un'unica coppia di progenitori o se invece esistano all'interno della specie umana razze diverse discese da progenitori diversi. Mentre nella teoria monogenetica si afferma che tutti gli uomini discendono dagli stessi progenitori, nella teoria poligenetica al contrario si sostiene che le varie razze umane derivano da progenitori diversi, più o meno nobili.

Teoria monogenetica

Il cristianesimo sostiene la tesi monogenetica e in conformità al racconto biblico della Genesi individua in Adamo ed Eva i progenitori di tutta l'umanità. Tuttavia fin dalle sue origini il monogenismo biblico è stato contestato dal preadamismo, sostenuto dagli esegeti ebraici, i quali ritenevano che c'erano state creazioni precedenti a quella di Adamo, che avevano generato angeli, demoni e uomini migliori o peggiori di Adamo. Spesso erano considerati preadamiti, cioè creati prima o indipendentemente da Adamo, tutti i popoli sconosciuti al vecchio mondo e non menzionati nella bibbia, come gli Indios e i Pellerossa. Riguardo alla scoperta degli Indiani d'America, un giudice inglese del XVII secolo, Matthew Hale, ipotizza che essi "non derivano la loro origine né da Adamo, né da Noè, ma o ebbero una serie di successione eterna o, se ebbero un inizio, furono aborigeni, e si svilupparono da un ceppo comune diverso."
Per confutare il preadamismo i teologi cattolici asserivano che gli Indiani d'America erano discendenti di popoli europei che nell'antichità erano giunti in America e avevano popolato questo vasto continente.
All'interno del monogenismo sono emerse due teorie apparentemente contrapposte che sono state elaborate, seppur in maniera diversa, per dimostrare la superiorità dell'uomo bianco: la teoria degenerativa e la teoria evolutiva.
Secondo la corrente degenerazionista di stampo biblico, la progenie di Adamo si era corrotta a causa del peccato originale in misura diversa. Così alcune razze si erano allontanate maggiormente dal prototipo iniziale. Per esempio Cam, figlio di Noè e progenitore della razza nera, era stato maledetto dal padre (Genesi 9, 18-28) e con lui anche il suo popolo, i Camiti. 
I degenerazionisti dividevano l'umanità in tre gruppi: i Camiti (uomini del Sud o africani), i Semiti (popoli d'Oriente come gli ebrei) e i discendenti di Jafet (abitatori dell'Europa o indoeuropei).
La prima elaborazione scientifica e organica del degenerazionismo fu fatta dal naturalista francese Buffon e in seguito ampliata da un suo discepolo tedesco, Blumenbach. Buffon afferma che il tipo umano primordiale è il tipo caucasico di pelle bianca e le varietà gialla e nera sono il frutto di una progressiva degenerazione del tipo bianco avvenuta a causa di mutamenti climatici, fisici, ambientali e alimentari. Egli si chiedeva quanto tempo sarebbe occorso affinché quelle razze, riportate nelle condizioni di partenza, riacquistassero aspetti e caratteri comuni.
La teoria evolutiva esposta da James Prichard nel 1813 prevede al contrario un'evoluzione dal nero al bianco avvenuta grazie al progresso e all'affermazione della civiltà, che ha condotto gli uomini ad un'inconscia selezione matrimoniale basata sul criterio della bellezza, ovviamente bianca e europea.
Lewis Henry Morgan, un altro sostenitore della tesi evolutiva, dichiara che le razze, originate da un unico antenato, hanno seguito uno sviluppo parallelo ma non uniforme: in ogni fase storica sono presenti tutti gli stadi dell'evoluzione, da quelli selvaggi a quelli più progrediti, rappresentati da razze diverse. All'epoca di Morgan la razza più evoluta era quella bianca mentre quella nera si trovava ancora ad uno stato pressoché primitivo.

La teoria poligenetica

La teoria poligenetica individuava in Caino o Sem il capostipite dei neri e in Lamech il progenitore dei pellerossa. Gli ebrei, secondo questa teoria, sarebbero invece discendenti di Cam. Il poligenismo afferma inoltre che la razza bianca, l'unica veramente discesa da Adamo, è stata creata secondo quanto raccontato nella Genesi biblica, mentre le altre razze, di cui non si parla nella Bibbia, sono state create indipendentemente e forse in secondo momento. 
Queste posizioni furono sostenute da Giordano Bruno, da Voltaire, da Linneo, che aveva classificato il genere umano in quattro razze, e più tardi da Cristoph Meiners. Meiners affermò che le singole razze erano state create separatamente e possedevano caratteristiche eterne ed ereditarie.
Sebbene il monogenismo e il poligenismo si siano diffusi contemporaneamente nel diciottesimo secolo, la poligenesi restò per lungo tempo in secondo piano, finché fu resuscitata nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Tuttavia la teoria poligenetica non resse il confronto con il nascente evoluzionismo di Darwin. Darwin sosteneva che l'atto di creazione era stato uno solo, valido per tutte le razze e per tutte le specie, anche se alcune si svilupparono più tardi. Questo monogenismo scientifico, non biblico, si oppose nettamente al poligenismo e lo spazzò letteralmente via. Ciononostante anche nell'evoluzionismo si profilarono ben presto posizioni razziste che interpretarono scorrettamente il principio di selezione naturale e attribuirono alla legge della sopravvivenza del migliore una valenza etica e filosofica: cosicché si arrivò a sostenere il primato della razza bianca rispetto alle altre razze anche attraverso il darwinismo. 
Nel periodo di tempo in cui il poligenismo fu accettato in ambiente scientifico, esso promosse notevolmente lo sviluppo del razzismo. Infatti, l'idea che tutti gli uomini siano discendenti di un'unica coppia di esseri, Adamo ed Eva, obbligò generalmente la società europea a considerare i nuovi popoli scoperti in Africa e in America come fratelli, e di conseguenza limitò almeno in teoria atteggiamenti discriminatori nei confronti delle nuove razze. Le diversità fisiche che si rilevavano negli indiani d'America, nei neri e negli asiatici venivano attribuite dai monogenisti a climi diversi che avevano modificato l'aspetto di questi uomini, che inizialmente erano anch'essi bianchi.
In sintesi, gli europei che credevano nel monogenismo biblico non potevano realmente individuare popoli inferiori e popoli superiori perché tutta l'umanità era figlia degli stessi genitori.
Il poligenismo invece, sostenendo la pluralità dei progenitori, incoraggiava gli antropologi del Settecento ad individuare razze elette, generate da uomini eccellenti e superiori, e razze infime, infette, generate da individui pessimi come Caino, noto fratricida. Il poligenismo poteva inoltre giustificare la necessità da parte dell'uomo bianco di sottomettere ed "educare" le razze inferiori, e soprattutto segregarle, in modo che con il loro sangue corrotto non infettassero la purezza della stirpe bianca.
Questa tesi divenne praticamente un supporto e un pretesto per l'assoggettamento e la schiavitù dei popoli extraeuropei.
Nel 1561 per esempio Guillaume Postel scrive nel Cosmographicae disciplinae compendium che Jafet è principe dell'universo designato per decreto divino insieme ai suoi successori, gli Europei, che possono legittimamente sfruttare e conquistare le terre di tutti gli altri popoli.
Il conte Arthur de Gobineau (1816-1882), considerato il padre del razzismo moderno, fu uno dei più ferventi promotori del poligenismo razziale. Nel suo Saggio sulla disuguaglianza delle razze umane del 1855 Gobineau scrive che la razza bianca, la più nobile di tutte, è nata in Asia e si divide nella setta di Sem, Cam e Jafet (da quest'ultimo derivano gli ariani); la razza nera e gialla, inferiori a quella bianca, sono nate rispettivamente in Africa e in America. 
Nel suo Preliminary Discourse (1778), Henry Home, Lord Kames, tenta di conciliare la visione poligenetica con la Genesi attribuendo alla divinità non uno ma più atti creativi, che hanno dato origine alle diverse razze. Kames aggiunge che suddette razze non sono tutte sullo stesso piano, ma quelle extraeuropee (nera, americana, asiatica) sono caratterizzate da rozzezza e uniformità, e questa distinzione fra razze migliori e peggiori è dovuta alla natura: " il carattere della maggior parte [di una razza] non può avere nessun altro fondamento che la natura."
Per Kames le razze umane non sono, come per Buffon, varietà razziali di una medesima specie ma specie distinte appartenenti ad un genere comune, il genere umano.
Il poligenismo fu esportato negli Stati Uniti da uno svizzero, Agassiz, che si convertì al poligenismo dopo un soggiorno a Filadelfia, durante il quale era venuto a contatto per la prima volta con persone di colore. Agassiz divide l'umanità in molteplici specie ordinate gerarchicamente; al vertice della scala si trova la razza bianca, all'ultimo gradino quella nera. Per Agassiz è assurdo sostenere che tutte le razze abbiano diritto alla stessa posizione nella società umana in quanto "non vi è mai stata una società civile regolata da neri" e gli stessi neri sono "instabili e indolenti come bambini cresciuti fino ad assumere le dimensioni di adulti, pur conservando una mente infantile". Di conseguenza per Agassiz è impossibile garantire alla razza nera l'uguaglianza sociale, ma al contrario per evitare la mescolanza fra razza bianca e razza nera, i neri devono essere segregati e deportati in riserve come quelle dove vivono gli indiani, lontano dalle città americane, affinché il loro sangue impuro non inquini quello dei bianchi.
Paradossalmente Agassiz era contrario alla schiavitù, non perché la ritenesse ingiusta, ma perché secondo lui era più pericoloso e inquinante per la razza bianca convivere con i neri, seppur in condizioni di dominanza, piuttosto che segregare i neri, impedendo loro ogni contatto con i bianchi.
Secondo James Macpherson, che condivideva le posizioni poligeniste, molte zone europee sono destinate a produrre una razza di uomini capace di incivilirsi e svilupparsi, mentre in altre regioni del globo, come l'Africa, gli uomini sono condannati a vivere in uno stato primitivo e selvaggio.
Il diverso sviluppo dei popoli nel mondo divenne per Macpherson un'ulteriore prova contro l'idea della comune origine del genere umano: se i popoli della terra erano veramente tutti figli degli stessi progenitori, com' era possibile che la razza bianca fosse molto più "civile" e progredita delle altre?
L'argomento dello sviluppo disomogeneo dei popoli fu ripreso e analizzato anche da alcuni monogenisti, come William Robertson, che esaminò il caso degli Indiani d'America. Robertson, a differenza dei poligenisti, non riteneva che gli indiani fossero una specie a sé stante, diversa dalla razza bianca, ma comunque imputava il loro mancato progresso e incivilimento alla loro indole di cattivi selvaggi, che non avevano saputo elevarsi al di sopra delle altre bestie e in sostanza erano condannati a vivere allo stato di natura. Attraverso questo approccio il monogenismo convergeva su temi poligenisti e razzisti, individuando all'interno della specie umana tipi diversi, distinti e valorizzati in base a principi estetici e morali.
La teoria di Robertson sugli Indiani d'America fu smentita da numerosi studiosi, fra cui Samuel Stanhope Smith, professore di filosofia all'università del New Jersey.
Secondo Smith, il comportamento degli indiani d'America era determinato dalla loro cultura e civiltà, a sua volta condizionate dall'ambiente e dal clima. Non c'era, a sua avviso, nessuna differenza fra il selvaggio americano del tempo e il selvaggio europeo dei secoli passati, e con il tempo anche i pellerossa avrebbero raggiunto il medesimo grado di sviluppo e incivilimento della società europea. 
Purtroppo, come spesso succede nella storia, le voci più tolleranti e moderate in questo campo non furono ascoltate, e l'Europa si accinse a compiere genocidi e persecuzioni, in nome di un'assurda pretesa di superiorità.

Emma Stewardson

Fonti:
Dizionario di filosofia, Paolo Rossi, Firenze, Editrice La Nuova Italia. Voci consultate: Razzismo, Evoluzionismo.
Il razzismo in Europa dalle origini all'olocausto, George L. Mosse, Arnoldo Mondatori Editore.
Diversi e perseguitati:
http://www.treccani.it/iteronline2002/la_voce_dei_lettori/proposte_didattiche/archivio/22-11-02/
http://vo.dada.it/giunti/periodici/passatoepresente/acrobat/05sebas.pdf
http://www.fortepiano.it/PagineDelTempo/Materiali/pdtmat002.htm