L'articolo "Sulla questione ebraica" scritto dal giovane Marx nel 1843, è un'analisi critica degli scritti di Bruno Bauer, filosofo rappresentante della sinistra hegeliana il quale tratta il problema ebraico in due articoli dal titolo "La questione ebraica" e "La capacità degli ebrei e dei cristiani d'oggi di diventare liberi". Marx rifiuta di considerare la questione ebraica come una questione puramente religiosa e dimostra l'errore di Bauer che aveva posto il problema solo in termini religiosi.
Il punto di partenza dell'analisi marxiana è dunque la volontà degli
ebrei tedeschi di raggiungere un'emancipazione civile e politica
all'interno della società.
Secondo Bauer quest'emancipazione sarebbe stata possibile solo nel momento in cui lo Stato avesse cessato di presentarsi come Stato cristiano, affermando che "lo Stato che presuppone la religione non è ancora uno stato vero, reale" in quanto non capace di rinunciare alle discriminazioni (per esempio nell'osservanza generalizzata della festività settimanale di domenica e non di sabato, com'è per gli ebrei).
Secondo Marx l'errore di Bauer sta nel fatto che egli critica solo lo Stato cristiano e non lo Stato in quanto tale, che si emancipa nel momento in cui non professa alcuna religione. La questione quindi, nella prospettiva di Marx, non è né una questione Cristiana ed Ebraica, ma piuttosto una questione della natura stessa dell'emancipazione. Inoltre ritiene che l'emancipazione sociale e politica degli ebrei possa avvenire solo in uno stato emancipato dalla religione; la questione ebraica acquista una diversa forma a seconda dello stato in cui gli ebrei vivono. In Germania, ad esempio, dove non c'è uno stato politico, questo genere di questione è puramente teologica. In Francia, stato costituzionale, la questione ebraica è una questione di costituzionalismo, di incompletezza dell'emancipazione politica. A questo proposito porta l'esempio degli Stati dell'America del Nord, dove la questione ebraica perde il suo significato teologico e dove quindi la religione e i culti sono visti come un fatto inerente alle scelte private del singolo all'interno della società, in base alla Costituzione Francese del 1791 in cui "nessuno doveva essere molestato per le sue opinioni, anche religiose". L'emancipazione politica di cui Marx parla avviene quando lo stato da teologico si trasforma in politico, cioè in stato borghese. Parte da qui una critica allo Stato democratico-borghese, formatosi in seguito alla Rivoluzione Francese che, nonostante abbia apportato agevolamenti per la creazione della società civile e per il superamento del feudalesimo, non è riuscita a liberare l'uomo dalla religione, ma ha dato all'uomo la libertà religiosa. Ma secondo Marx la sola emancipazione politica non rappresenta l'emancipazione umana completa. Questa infatti da una parte riduce l'uomo a semplice membro della società civile e dall'altra a soggetto giuridico. Infatti, solo quando l'uomo riconosce e organizza come forze sociali le sue "forces propres"
allora si compie l'emancipazione umana. Si può concludere, quindi, che
la società borghese è un passaggio verso una società in cui viene
superata la scissione tra essere sociale ed essere politico,
identificabile con la società socialista e comunista.
Nell'analisi dell'articolo di Bauer "La capacità degli ebrei e dei cristiani d'oggi a diventar liberi", Marx arriva alla conclusione che "l'emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è l'emancipazione dell'umanità dal giudaismo". Secondo Marx l'emancipazione dell'ebreo dipende dall'abolizione della società capitalistica e che questa emancipazione non è un'emancipazione dell'ebreo, bensì dell'umanità. Bauer individuava il problema ebraico nella religione di questo popolo, Marx lo individuò nella loro realtà. Il primo aveva concepito il giudaismo come una critica religiosa al cristianesimo e aveva visto l'emancipazione ebraica da un punto di vista strettamente filosofico-teologico. Al contrario, Marx non concepisce il Giudaismo solo come una critica del Cristianesimo,bensì come l'applicazione di questo. Infatti, per il filosofo"il Cristianesimo è scaturito dal Giudaismo" e "il cristiano era fin dal principio l'ebreo teorizzante, l'ebreo è perciò il cristiano pratico". Inoltre
egli ritiene che l'emancipazione degli ebrei possa avvenire solo
superando un elemento sociale che permetta di sopprimere il giudaismo
stesso. Una società capace di eliminare i presupposti del traffico e del
denaro e quindi del mercanteggiare, dunque, renderebbe impossibile
l'esistenza dell'ebreo, in quanto il traffico e il denaro sono parte
caratterizzante dell'essenza del giudaismo e, di conseguenza, dell'ebreo
stesso.
Concludendo, l'analisi di Marx rivela due punti importanti:il primo è che la questione ebraica non è una questione nazionale, deve essere trattata in conformità con le condizioni che la circondano ed è diversa da stato a stato. Il secondo, invece è che questa questione si è trasformata da teologica al tempo del feudalesimo a questione politica nell'età dell'ascesa della borghesia. La sua soluzione dipende da una soluzione del sistema borghese stesso, cioè dalla sua eliminazione. La distruzione di questo non porterà la liberazione particolare degli ebrei ma la liberazione della società dall'ebraismo.
Fonti:
"La questione ebraica"-"La capacità degli ebrei e dei cristiani d'oggi di diventar liberi"Bruno Bauer
"Il Marxismo e la questione ebraica"di Naji Alloush
Falaschi Elena
e Pecorai Marika