Con il termine Imperialismo si intende la tendenza degli stati ad estendere il territorio sotto la loro influenza per creare comunità politiche che conglobano, sotto un unico dominio, popolazioni e territori originariamente diversi e separati. L'imperialismo fonda la sua ragion d'essere sull'esistenza di un rapporto di minaccia reciproca tra gli stati, di una inimicizia tale da rendere in ciascuno di essi irresistibile il desiderio di rafforzarsi e di espandersi a spese degli altri. Nell'accezione più moderna, indirizzo di politica mondiale, tipico delle grandi potenze e sollecitato dal loro sempre crescente sviluppo tecnologico e industriale, rivolto al conseguimento di un egemonico predominio politico-economico sulle nazioni industrialmente meno sviluppate e specialmente su quelle sottosviluppate. Il termine imperialismo fu coniato inizialmente per definire la volontà egemonica di Napoleone III, ma si affermò definitivamente solo negli anni '70 dell'800 in relazione al disegno espansionistico del primo ministro inglese Disraeli. L'imperialismo al quale ci riferiamo è storicamente determinato, cioè il periodo che va grosso modo dal 1870 al 1914-1918. Per estensione, poi vengono definite politiche imperialiste (anche oltre il limite del 1914) quelle hitleriana dello spazio vitale rivolta alla costituzione in Europa della Grande Germania a scapito soprattutto dei popoli slavi, la lotta per la sottomissione dell'Etiopia da parte dell'Italia ed il crescente ruolo egemonico svolto dagli Stati Uniti soprattutto in America e dal Giappone in Asia. Nell'ultimo quarto del XIX sec. L'evento più importante della storia mondiale fu la spartizione del mondo in possessi coloniali e zone di influenza delle grandi potenze europee tra cui quelle di:
· Gran Bretagna, che nel 1914 raggiunsero i 33 milioni e mezzo di km quadrati con circa 394 milioni di abitanti.
· Francia, le quali nello stesso periodo raggiunsero i 10 milioni e 600 mila km quadrati con 55 milioni e 500 mila abitanti.
· Russi, Germania, Belgio e Italia, parteciparono in diversa misura e varie forme alla conquista di nuovi territori finché il dominio coloniale si estese a tutte o quasi le aree disponibili.
L'imperialismo divenne una forma universale di azione politico-economica delle potenze industrializzate o che erano sulla via dello sviluppo capitalistico ed ebbe allora la sua manifestazione principale nelle conquiste coloniali o nell'assoggettamento economico di alcuni paesi ridotti a condizioni di semi-colonie. Sterminate regioni furono inserite nell'area della civiltà moderna, ma nella forma della subordinazione coloniale e quindi in condizioni drammatiche di inferiorità. I presupposti ideologici delle tendenze imperialistiche, inizialmente enunciati in Inghilterra in un'opera di Charles Dilke (la più Grande Bretagna, 1868) trovarono larga risonanza nella cultura europea. Il tema principale era l'affermazione della superiorità di determinate razze e nazioni nei confronti degli altri popoli della terra. Poiché questi ultimi erano incapaci di utilizzare le ricchezze dei loro paesi, le nazioni "superiori"rivendicavano il loro diritto di impadronirsene. Scrittori e uomini politici, tra cui il ministro delle Colonie Joseph Chamberlain e il narratore Rudyard Kipling, applicarono queste tesi al popolo inglese ed elaborarono il tema della missione di civiltà che l'Inghilterra doveva svolgere nel mondo. A loro si aggiunsero uomini d'affari come Cecil Rhodes (eroe dell'imperialismo inglese arricchitosi con lo sfruttamento dei giacimenti diamantiferi dell'Africa del Sud) i quali colpirono l'opinione pubblica, più che con la propaganda delle idee, con la pratica dimostrazione delle possibilità di profitto offerte dalle imprese coloniali. Di fondamentale importanza per la politica imperialista inglese fu la spartizione dell'Africa in cui l'Inghilterra stabilì il proprio protettorato nelle regioni d'Egitto, Sudan e diversi territori dell'Africa del Sud. Acquistò inoltre le colonie della Somalia e della Nigeria; il governatore della Colonia del Capo, il sopracitato Cecil Rhodes fece inoltre numerosi tentativi per impadronirsi anche dei territori boeri fino a provocare lo scoppi di una guerra (1899-1902). La resistenza dei boeri, che suscitò una larga simpatia nell'opinione pubblica europea fu stroncata alla fine dalla superiorità militare e dai metodi brutali adottati dagli inglesi. Con la pace di Pretoria (1902) le due Repubbliche boere dei Transvaal e dell'Orange furono annesse agli altri possedimenti inglesi del Sud Africa e formarono con essi l'Unione Sud Africana, sotto la sovranità britannica, ma che godeva di un proprio governo. Non alla conquista dell'Africa si arrestò certamente l'impero inglese. Alle colonie più antiche (Canada, Australia e Nuova Zelanda), a cui fu riservato un trattamento di particolare favore, concedendo una larga autonomia politica ed economica per gli affari interni e il riconoscimento a tutti gli abitanti di cittadini dell'impero britannico con diritti pari agli inglesi, venne annessa l'India, che entrò a far parte dell'Impero Britannico nel 187 quando la Regina Vittoria fu proclamata Imperatrice delle Indie. Dapprima si trattò soltanto di un duro sfruttamento (ad esempio la fiorente manifattura indiana che produceva tessuti di cotone venne completamente rovinata dalla concorrenza inglese), successivamente dopo alcune ribellioni, l'Inghilterra modificò il proprio modo di governare l'India impegnandosi anche a modernizzare la sua economia e a creare una classe media di funzionari indiani istruiti e ben addestrati che collaborassero nell'amministrazione del paese. Il volto più brutale e aggressivo dell'imperialismo fu quello che l'Inghilterra mostrò nei confronti della Cina, costretta dopo una vera e propria guerra ad accettare l'infame commercio dell'oppio. Tale droga veniva importata in Cina, in grandi quantità proprio da mercanti inglesi che la scambiavano con prodotti cinesi. Essa produsse in pochi anni conseguenze catastrofiche sulla popolazione. Ma alle proteste e alle resistenze del governo cinese l'Inghilterra rispose con una guerra che durò dal 1839 al 1842 e fu chiamata appunto Guerra dell'Oppio. La sconfitta della Cina portò al conseguente insediamento inglese ad Hong Kong ed a una lunga serie di trattati commerciali ingiusti, vantaggiosi solo per gli occidentali e imposti con la forza. Il grande antico e civilissimo impero cinese divenne un semplice mercato per la vendita dei prodotti occidentali.
La Francia non fu certo da meno nella corsa imperialista al dominio coloniale, stimolata in maniera decisiva dalla ideologia politico-economica dei propri funzionari più importanti. Tra questi Ferry che nel 1885 nella sede del parlamento francese pronunziò una vera e propria "Teoria del Colonialismo"; si parlava di una forma moderna di colonizzazione: non più le esportazioni di coloni, ma di capitali e di merci che non trovassero opportuno collocamento nella madrepatria. Ferry affermava che durante una crisi economica la fondazione di una colonia costituisse la creazione di uno sbocco grazie al quale si potesse superare il periodo di crisi. All'affermazione della funzione economica delle colonie si accompagnava nella concezione di Ferry il "diritto"delle "razze superiori"a dominare "quelle inferiori". Ferry ribadiva con forza il suo concetto secondo cui compete alle razze superiori un diritto cui fa riscontro un dovere che loro incombe: quello di civilizzare le razze inferiori. Gli appelli all'orgoglio nazionale, alla potenza economica e militare e all'ideologia della "missione civilizzatrice"dell'uomo bianco e delle razze superiori trovarono un uditorio sempre meglio disposto ad accoglierli. Alla spartizione dell'Africa partecipò in maniera decisa anche la Francia. Riprese la sua espansione in Africa (dove aveva già i possedimenti coloniali dell'Algeria, del Senegal, della Costa d'Avorio e dell'isola di Reunion) con la conquista della Tunisia nel 1881. Negli anni immediatamente successivi estese il suo dominio anche nella parte centrale e interna del continente costituendo un impero africano che comprendeva, oltre agli antichi territori anche il Congo francese, il Dahomey e il Sudan occidentale. Il dominio francese si estese in Asia nel 1884 con la conquista del Tonchino, la parte settentrionale dell'attuale Vietnam, realizzata attraverso una campagna contro la Cina.
Nel corso dell'800 la Russia aveva iniziato una lenta politica di espansione, che l'aveva portata progressivamente verso sud e verso est. A sud, dopo la guerra di Crimea, si era saldamente installata sul Mar Nero, contrastando la frontiera la potenza turca e l'influenza austriaca nei balcani. La maggiore espansione della Russia era però avvenuta verso oriente con la colonizzazione della Siberia e l'occupazione di territori di confine con la mongolia e la Manciuria. Il maggior porto russo orientale, Vladivostok, fu costruito ai confini della Corea e proprio davanti al Giappone. Nei primi anni del '900 la Russia e il Giappone si fronteggiarono. La Russia aveva approfittato della guerra cino-giapponese e del successivo intervento politico delle altre potenze, per consolidare la propria presenza in Manciuria. Nella parte meridionale della regione, a Port Arthur, in una importantissima posizione dal punto di vista strategico e commerciale i Russi costruirono una base navale e militare che costituiva un punto chiave di controllo della Manciuria e della Cina. Il 4 febbraio 1904, senza dichiarazione di guerra, i giapponesi attaccarono la base russa di Port Arthur. Essi avevano l'appoggio politico della Gran Bretagna con la quale due anni prima avevano stipulato un trattato di alleanza. L'efficienza militare del Giappone fu così sorprendente che dopo un anno di assedio l'ersercito russo di Port Arthur dovette arrendersi. Nel 1905 a seguito di altri scontri fra le due potenze fra Russia e Giappone stipularono un trattato di pace la cui mediazione venne attuata dal presidente americano T.
Roosvelt.
La storia dell'espansione coloniale italiana è senza ombra di dubbio molto più breve e meno brillante di quelle delle altre potenze coloniali. Spinta anch'essa da forti movimenti nazionalisti e aspirazioni ad una estensione del territorio nazionale prese parte anche l'Italia alla corsa imperialista di fine '800. Interessata al dominio sul territorio africano acquistò la baia di Assab, sul Mar Rosso, e di Massaua, che con il suo territorio formò la colonia di Eritrea, pose sotto il suo dominio una parte della Somalia (1844-1890). Dopo la sconfitta inglese di Kartum anche le guarnigioni italiane attraversarono momenti di aspra difficoltà. L'eccidio di 500 soldati a Dogali da parte delle truppe etiopiche, eccitò il risentimento nazionalistico e propositi di rivincita e di conquista. Ma il corpo di spedizione inviato nel 1896 per la conquista dell'Etiopia fu sconfitto e distrutto quasi completamente dall'esercito di Menelik ad Adua. Fu il più grave insuccesso che gli europei ebbero nella spartizione del territorio africano. Il dominio italiano vide la propria espansione anche nel territorio della Libia, occupata insieme alle isole del Dodecaneso ed a Rodi, tra il 1911 e il 1912 avendo approfittato della crisi balcanica che aveva messo in difficoltà l'impero ottomano. Anche se al di fuori dell'arco di tempo preso in considerazione, è da ricordare la conquista dell'Etiopia avvenuta in seguito all'attacco dell'esrcito italiano nel 1935 e all'utilizzo delle nuove armi offensive sperimentate nella Grande Guerra. L'invasione italiana in Etiopia si macchiò di atrocità gravissime contro la popolazione civile. Assieme alla Somalia e l'Eritrea l'Etiopia andò a formare l'Africa orientale italiana.
Frusi Emanuele
Rapiti Stefano