Il termine razza viene usato oggi dall'antropologia fisica a scopo
classificatorio, per designare un complesso d'individui che si
distinguono per uno o più caratteri comuni trasmessi ereditariamente.
Culla del razzismo moderno è stata l'Europa del 18° secolo, il secolo
dell'Illuminismo quando si tentò di sostituire alle "vecchie
superstizioni del passato" la valorizzazione della ragione e delle virtù
innate nell'uomo.
L'origine della nuova scienza dell'antropologia durante la seconda metà
del secolo ebbe come fondamento il tentativo di determinare l'esatto
posto dell'uomo nella natura mediante l'osservazione, le misurazioni e i
confronti tra gruppi di uomini e di animali. Inoltre, la ricerca di
unità e armonia nelle vicende dell'uomo e dell'universo indusse a
credere nell'unità del corpo e della mente e si ritenne che ciò a sua
volta si esprimesse in maniera tangibile, fisica, tale da poter essere
misurata e osservata. Sia la frenologia (lettura del cranio) che la
fisiognomica (lettura del volto) ebbero origine nell'ultimo decennio del
secolo. A questi dati scientifici si univano criteri estetici tratti
dall'antica Grecia. Questo continuo passaggio dalla scienza all'estetica
è un aspetto fondamentale del razzismo moderno. Si giunse a definire la
natura umana in termini estetici, dando rilievo alle manifestazioni
fisiche della razionalità e dell'armonia interne, si arrivò alla
convinzione che "l'uomo interiore" potesse essere decifrato attraverso
il suo aspetto esteriore.
La bellezza simboleggiava un mondo incorrotto, metteva gli uomini in
contatto con Dio e con la natura. La bellezza classica simboleggiava la
perfetta forma umana entro cui un'anima ben equilibrata avrebbe dovuto
trovare la sua sede. Bellezza e bruttezza diventavano principi di
classificazione umana alla stessa stregua di criteri concreti quali la
misurazione, il clima, e l'ambiente. Già in epoche precedenti i non
europei erano stati giudicati brutti e il nero era stato considerato
talvolta uomo-bestia, non c'era però mai stato un criterio unico di
giudizio nei riguardi dei popoli inferiori né era mai stato definito un
ideale comune cui la razza superiore dovesse conformarsi.
La classificazione delle varia razze costituenti l'umanità fu in un
primo tempo una delle principali preoccupazioni degli antropologi e un
mezzo per prendere conoscenza delle sorprendenti varietà della specie
umana. Al centro dei dibattiti sulla classificazione vi era il quesito
se l'ambiente potesse in una certa misura influenzare il formarsi e lo
svilupparsi di una razza, o se la maggior parte delle caratteristiche di
questa fossero ereditarie. Lamarck (1744-1829) divenne il più autorevole
fautore di questa teoria e "lamarckismo" è tuttora il termine usato per
designare la concezione secondo la quale l'ambiente determinerebbe il
carattere e la mutazione di ciascuna specie.
La fisiognomica diede in valido contributo a valorizzare l'apparenza
esteriore. I tentativi di spiegare il carattere di un uomo osservandone
il volto, le membra, i gesti risalgono almeno al 16° secolo. Secondo
Lavater è possibile giudicare l'uomo completo osservando intuitivamente
il suo aspetto esteriore, perché esso è in totale armonia con la sua
anima: l'esteriore non è altro che la continuazione dell'interiore e
viceversa. I suoi modelli non erano altro che quelli che avevano già
ispirato la scultura greca, anche se Lavater entrò ancor più nei
dettagli per quanto riguarda il volto, sottolineando la necessaria
regolarità delle tre parti che lo costituiscono: fronte, naso e mento.
Un solo lineamento sbagliato del volto avrebbe distrutto la bellezza e,
data l'identità tra interiore e esteriore, sarebbe diventato indizio di
malvagità.
La frenologia di Gall (1758-1828) diede alla lettura del volto una
dimensione pseudo-scientifica. Il concetto base di Gall era che il
carattere di un individuo potesse essere determinato sulla base della
configurazione della testa. La frenologia si basava su tre principi: che
il cervello fosse l'organo dell'intelletto; che esso fosse costituito da
una grande varietà di organi, ognuno con una specifica funzione; e in
ultimo che il cervello determinasse la forma del cranio. Dunque le varie
funzioni del cervello possono essere individuate e giudicate in base
alla forma del cranio umano.
Il risveglio della coscienza storica, avvenuto nel 18° secolo, ebbe
un'importanza fondamentale per lo sviluppo dell'ideale razziale. Il
cammino di un popolo attraverso il tempo fu giudicato d'importanza
decisiva e la vera causa della distinzione di un popolo dall'altro. Si
diffuse la convinzione che la storia di un popolo non fosse opera
dell'uomo, ma seguisse un piano divino. La storia si trasformò in mito
nazionale. La patria, specialmente in Germania, era considerata come un
prodotto dell'intima tensione dell'uomo verso l'unità nell'ambito del
disegno divino. La storia adempie a un disegno divino e il mezzo per
attuare questo adempimento è la patria. Crescita, vitalità e originalità
sono tutte caratteristiche della comunità nazionale e si manifestano
attraverso la lingua nazionale. Nel 1808 Friederch Schlegel avanzò una
teoria sulle origini ariane costruita attraverso la linguistica. Egli
sosteneva che il tedesco, il greco e il latino avessero una radice
comune nel sanscrito e mentre in questo gruppo veniva compreso
l'inglese, ne era esplicitamente escluso lo slavo. La crescente
intolleranza del nazionalismo si rivolse spesso a dimostrare che coloro
che non partecipavano delle comuni radici ariane non potevano riuscire
ad avere piena padronanza della lingua locale. Per esempio, opere
influenti antiebraiche dell'inizio del 19° secolo, come "I nostri
visitatori" di Sessa, attribuirono grande importanza alla supposta
incapacità degli ebrei assimilati a parlare correttamente il tedesco e
in effetti divenne cosa comune che opere antiebraiche presentassero
ebrei che parlavano una mescolanza di tedesco e yiddish. In tal modo la
lingua divenne uno dei pilastri della nazionalità e uno dei mezzi per
bollare gli stranieri.
Arthur de Gobineau, con il suo "Saggio sulla disuguaglianza delle razze
umane" (1855) fonda il razzismo moderno. Gobineau si attiene alla
cronologia biblica secondo cui la razza bianca, che è eccellente in
tutto, nasce in Asia e si divide nella setta di Sem, Cam e Jafet (da cui
discendono gli Ariani). Invece le razze nere e gialle sono inferiori e
nascono rispettivamente in Africa e in America. Quello che conta per Gobineau è la purezza di ogni razza: per questo teorizza l'esistenza di
un istinto razziale che prova repulsione di fronte agli incroci. D'altra
parte esiste secondo lui anche una legge d'attrazione che spinge a
incontrate razze diverse e a mischiarsi ad esse. Per questo motivo le
razze si indeboliscono e la civiltà si esaurisce e muore.
Georges Vacher de Lapouge (1854-1936) divenne il più importante teorico
della razza in Francia. A differenza di Gobineau, de Lapouge cercò di
basarsi su presunti dati scientifici. Vacher de Lapouge si rifaceva nei
suoi scritti all'autorità di Darwin e già di per sé questo fatto dava al
suo razzismo un tono pseudo-scientifico assente nelle opere di Gobineau.
De Lapouge fece ricorso ancora una volta alle misurazioni craniche: i
teschi allungati e stretti, dolicocefali e il colorito biondo degli
ariani svolsero un ruolo importante.
Il concetto di razza era sempre stato utilizzato per spiegare il
presente, ma alla fine del 19° secolo esso riceveva una sua precisa
collocazione nell'ambito di una generale scienza della società, sebbene
senza intenzioni aggressive. Alla biologia razziale fu ora impresso un
nuovo tono d'urgenza, probabilmente perché ci si trovava di fronte ad
un'urbanizzazione accelerata e a una crescita demografica, per cui molti
pensavano che si sarebbe andati incontro a una catastrofe se non si
fossero messi in pratica i concetti di selezione naturale e di
ereditarietà.
A fianco dello sviluppo della biologia razziale si fece sentire nel
razzismo moderno un forte impulso mistico; il "mistero della razza"
accentuava l'aspetto irrazionale del razzismo, le presunte radici
mitologiche della razza e la cosiddetta sostanza spirituale che si
diceva la creasse e la ispirasse. Le radici spirituali e mitologiche
della razza furono identificate con le origini nazionali: il passato di
una razza e la sua storia erano la stessa cosa della storia di una
nazione.
Il mistero della razza aveva trasformato gli ebrei in un principio del
male, cosa non nuova per essi, ma negli ultimi decenni del 19° secolo e
nella prima metà del successivo, le leggende tradizionali che nel
passato avevano turbinato intorno agli ebrei furono rispolverate per
dare risalto alla mistica razziale e come mezzo di mobilitazione
politica.
- L'accusa di omicidio rituale, la cosiddetta "calunnia del sangue",
affondava le sue radici nel Medioevo, nella leggenda secondo la quale
gli ebrei uccidevano i bambini cristiani per berne il sangue durante la
festa della Pasqua ebraica. La calunnia del sangue forniva il motivo per
accusare gli ebrei di atavismo, in quanto ancora praticanti sacrifici
umani a differenza dei popoli civilizzati.
- Anche la leggenda dell'ebreo errante servì ad avvalorare la
maledizione che sarebbe stata lanciata contro gli ebrei da Cristo in
persona. Aasvero è descritto nella leggenda come un ebreo che spinse
Cristo ad affrettarsi verso il luogo della crocifissione e gli negò
conforto e rifugio; di conseguenza fu condannato a una vita errabonda,
senza dimora, disprezzato perché senza radici.. Queste leggende erano un
tentativo di dare una spiegazione e una logica ad un mondo
d'industrializzazione, d'instabilità e di sconcertanti mutamenti
sociali, proprio come nei tempi antichi erano state usate per spiegare
carestie, malattie e ogni tipo di catastrofi naturali. La leggenda
dell'ebreo errante rafforzò l'immagine dell'ebreo come l'eterno
straniero, che mai avrebbe imparato a parlare correttamente la lingua
nazionale o sarebbe riuscito ad affondare le radici sulla terra.
- Il romanzo "Biarritz", scritto nel 1868 da Redcliffe fu significativo
perché fu una delle principali fonti dei famigerati falsi "Protocolli
dei saggi anziani di Sion". Biarritz è ambientato nel cimitero ebraico
di Praga ed è significativo che anche altri e più famosi scrittori come
Raabe, siano ricorsi a ad analoghe ambientazioni per narrare storie di
misteri e di segrete imprese degli ebrei. Il cimitero ebraico di Praga
era un posto romantico e in più accessibile, perché Praga pur facendo
parte dell'impero austriaco, era considerata una città tedesca. In
questo modo Redcliffe fissò la scena di una riunione nel cimitero di 13
anziani ebrei, che chiamò i "sanhedrin cabalistici", con riferimento
alle tante leggende che ruotavano intorno alla Cabala ebraica e dando in
tal modo una più ampia dimensione storica al raduno nel cimitero. Uno
degli anziani è Aasevero, l'ebreo errante, e la sua presenza tra gli
altri 13 costituisce una chiara dimostrazione di come Redcliffe voleva
sfruttare le vecchie tradizioni antisemite. Nello spaventoso scenario
del cimitero gli anziani cospirano per impossessarsi del mondo. Essi
complottano di riunire tutta la ricchezza nelle loro mani, di
assicurarsi il possesso completo della terra, delle ferrovie, delle
miniere, delle case, di occupare posti di governo, di impadronirsi della
stampa e guidare così tutta l'opinione pubblica. I "Protocolli dei saggi
anziani di Sion" divennero il culmine e la sintesi di queste teorie
sulla cospirazione. La loro falsificazione avvenne in Francia, nel pieno
sviluppo dell'affare Dreyfus, con la collaborazione della polizia
segreta russa, probabilmente tra il 1894 e il 1899. La destra francese
voleva avere un documento che collegasse Dreyfus alla supposta
cospirazione della sua razza e la polizia segreta russa aveva bisogno di
giustificare la politica antiebraica zarista. Il mito della cospirazione
si nutriva delle incertezze e dei timori del 19° secolo, colmando così
la distanza tra l'antica leggenda antisemita e i moderni ebrei in un
mondo di drammatici mutamenti.
Molti fedeli cristiani e uomini di chiesa in piena coerenza con i loro
principi respinsero il razzismo e altri, come i quaccheri altrettanto
coerentemente, aiutarono i perseguitati. Ma il passato della maggior
parte delle Chiese protestanti e della Chiesa cattolica non era certo un
passato di netta opposizione all'idea di razzismo. La persistenza di
stereotipi relativi agli ebrei e ai neri era stata accettata da molti
cristiani e dalle loro Chiese, anche se in teoria il battesimo avrebbe
dovuto farli scomparire. Inoltre, finché si fosse continuato a pensare
che la civiltà europea fosse una civiltà cristiana e lo stato uno stato
cristiano, gli ebrei che conservavano la propria fede avrebbero sempre
corso il pericolo da apparire degli stranieri.
Il razzismo ha assunto dimensioni drammatiche durante il Novecento,
poiché il regime nazista che governò la Germania dal 1933 al 1945 pone
fra i suoi fondamenti proprio l'antisemitismo. Adolf Hitler sostiene
questa posizione anche nei suoi scritti, come in Mein Kampf; dopo il
1938 con le leggi razziali questo accade anche nel fascismo italianoe
nel regime di Vichy guidato dal maresciallo Pètain.
Dopo la fine dei fascismi, il razzismo è tutt'altro che scomparso dal
nostro mondo: leggiamo quotidianamente sui giornali di episodi di
violenza e di discriminazione contro persone di colore diverso dal
nostro
Balducci Giustina
Fonti:
• Il razzismo in Europa • di
George L. Moose - Oscar saggi Mondadori
• Enciclopedia Universale • Motta
• Dizionario di Educazione civica • La
Nuova Italia
• Dizionario di Filosofia a cura di Paolo
Rossi • La Nuova Italia
• www.webscuola.tin.it •
• www.educational.rai.it •