"La sua
formazione dovette compiersi in un prolungato soggiorno
fiorentino (sul quale peraltro non si hanno notizie precise) se
nel 1439 la prima documentazione che lo riguarda lo indica
autore, insieme a Domenico Veneziano, dei perduti affreschi del
coro di S. Egidio a Firenze. Le prime opere, collocabili
anteriormente al 1450 ("S. Girolamo e un devoto",
Venezia, Gallerie dellAccademia; "Battesimo di
Cristo", Londra, National Gallery; i pannelli con la
"Crocifissione" e i "SS. Sebastiano e Giovanni
Battista", facenti parte del "Polittico della
Misericordia", Sansepolcro, Pinacoteca, commissionato nel
1445, ma compiuto solo nel 1462), dimostrano da un lato
lassimilazione delle più avanzate ricerche in ambito
fiorentino, dal plasticismo di Masaccio (si vede lesplicito
omaggio al maestro nella superba "Crocifissione"
citata), al rigore compositivo e prospettico discendente dalla
linea Brunelleschi - Alberti e alla luminosità cristallina della
pittura dellAngelico e di Domenico Veneziano;
dallaltro il già personalissimo e originale modo
espressivo dellartista: in una luce astratta (anche il
fondo oro del "Polittico della Misericordia" ha valore
di luminosità atmosferica e non di piano di appoggio), che
pervade un paesaggio che è insieme dimensione mentale e poetica
rievocazione di dati reali, si collocano figure grandiose,
severe, immobili in un tempo sospeso e rarefatto. Intorno al 1450
lattività di Piero
si fece
particolarmente intensa: fu prima a Ferrara, dove la sua opera,
perduta, influenzò nettamente la cultura locale, poi a Rimini,
dove lasciò nel Tempio Malatestiano laffresco votivo col
ritratto di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1451) in cui il
carattere aulico e cerimoniale si traduce in forme di altissima e
astratta eleganza (quasi simbolico di questa ricerca è lo
stupendo particolare dei levrieri accosciati). Nel 1452, alla
morte di Bicci di Lorenzo, Piero subentra nella decorazione ad
affresco del coro di S. Francesco ad Arezzo: si tratta
dellunico ciclo rimastoci del maestro (perduti, come si è
visto, gli affreschi di Firenze e Ferrara e quelli eseguiti poi a
Roma intorno al 1459) e di uno dei suoi capolavori: sulle pareti
della cappella gotica si distendono le vicende della
"Leggenda della vera Croce", come tappe di una solenne
sacra rappresentazione, i cui personaggi si muovono con aulica
gravità in uno spazio governato da sovrane leggi armoniche
(luso della "sezione aurica" è determinante).
Anche le più affollate scene di battaglia vivono di un silenzio
sospeso che trova nel rigore geometrico delle forme la sua più
alta espressione. Intorno a questi anni (il ciclo di Arezzo fu
compiuto nel 1466), se non forse precedentemente al 1450, si
collocano i rapporti di Piero con la corte di Urbino; in uno
degli ambienti più colti e aperti dItalia, lartista
ebbe una funzione di grande importanza (forse influì anche sulla
costruzione del Palazzo Ducale) e lasciò, nel giro di un
ventennio, alcune delle sue opere di maggior prestigio: la sua
stupenda tavoletta fu la "Flagellazione di Cristo",
forse la più alta elaborazione del concetto di spazio
prospettico del Rinascimento (la datazione è problema complesso
e oscilla tra il 1444 e il 1460 ca.) e la più tarda
"Madonna di Senigallia", risalente al 1470 (ambedue a
Urbino, Galleria Nazionale); lo straordinario dittico coi
"Ritratti dei Duchi di Montefeltro (1465, Firenze, Uffizi),
esempio originalissimo di ritratto aulico
rinascimentale, il cui carattere è
accentuato dalle scene dei "Trionfi dei Duchi" dipinte
sul retro delle tavole; infine la "Madonna col Bambino,
angeli, santi e il duca Federico da Montefeltro" (ca.
1472-74, Milano, Brera), modello per gli sviluppi della struttura
della grande pala daltare tra 400 e 500 in cui si realizza
una perfetta soluzione dei rapporti spaziali tra ambiente
architettonico e figure umane. In queste opere, la straordinaria
finezza della stesura pittorica e lacutezza descrittiva dei
particolari rivelano lattenzione con cui Piero guardò alle
esperienze fiamminghe, con cui entrò in contatto alla corte di
Urbino, e che più intensamente rievocò nella tarda (ca. 1470)
"Natività" della National Gallery di Londra. Lungo
larco dei soggiorni urbinati si collocano altre opere; in
particolare, per la città natale, la singolarissima
"Madonna del parto" (ca. 1460, Monterchi, Cappella del
cimitero) e la "Resurrezione di Cristo" (1463-65,
Sansepolcro, Pinacoteca), nella quale la superba immagine del
Cristo risorto è insieme simbolo del protettore del borgo e del
perenne rinnovarsi della vita della natura. La posizione del
tutto particolare di Piero nel panorama della pittura
rinascimentale, di cui rappresenta uno dei vertici sommi e
irripetibili è accentuata dalla sua attività di teorico, svolta
specialmente negli ultimi decenni di vita: il trattato "De
prospectiva pingendi" e il libretto "De quinque
corporibus regularibus", rivelano la fiducia
dellartista nelle leggi sovrane della "divina"
proporzione matematica, espressione dellarmonia del cosmo
e, analogamente, termine fondamentale dellesperienza
pittorica."
Tratto dallenciclopedia multimediale GEDEA 97-98, Istituto geografico De Agostini.