Introduzione: Definizione del concetto di Globalizzazione

La globalizzazione è un processo economico che porta alla creazione di mercati globali per quanto riguarda soprattutto i mercati finanziari. Con tale termine si fa però riferimento non solo a processi economici ma anche ad una corrente di pensiero che  chiarisce il ruolo dello stato rispetto al mercato. Con il termine globalizzazione si intendono da un lato processi oggettivi, come la libera circolazione di capitali e di merci, e dall’altro vere e proprie teorie su tale fenomeno, cioè sul processo di integrazione e interconnessione che caratterizza la realtà economica mondiale. Dovremo quindi chiamare globalizzazione il processo apparentemente irreversibile attraverso il quale la società mondiale si unifica attorno a reticoli economici. Chiameremo invece globalismo l’ideologia mondiale del neoliberismo :globalizzazione è il fenomeno e globalismo l’ideologia. I primi sviluppi del concetto di globalizzazione si originano dall’allargamento del cosiddetto “sistema-mondo” e di conseguenza dell’economia-mondo “sistema-mondo” ed “economia-mondo” sono termini introdotti da Fernand Braudel (1902-1985), storico francese che concepiva la storiografia  come visione del passato a più dimensioni ( storia locale connessa alla storia “maggiore” ) e come storia “globale” di strutture geografiche, economiche e sociali, oltre a quelle tradizionali politico-militari. Braudel, definisce con quest’ultima espressione  l’economia di “una porzione soltanto del nostro pianeta, nella misura con cui essa forma un tutto economico”. E in particolare si riferisce a quella che si è sviluppata con il capitalismo  e attorno all’Occidente capitalistico. Secondo Braudel,  l’economia-mondo occupa uno spazio geografico ben definito, ruota  attorno ad un polo, o ad un centro riconosciuto come tale ed inoltre si ripartisce in zone successive, con ruoli diversi. Il centro è il luogo dove sono concentrate le attività finanziarie, produttive e di controllo principali: poi vengono le zone intermedie; quindi le vaste zone marginali che nella divisione mondiale del lavoro svolgono un ruolo subordinato e dipendente.
Quando si parla di globalizzazione ci si riferisce in parte alla concezione di Braudel, poiché la mondializzazione economica si presenta come una realtà costituita da aree del globo che svolgono funzioni centrali ed altre che svolgono ruoli secondari; ma oggi s’intende innanzitutto il processo di internalizzazione capitalistica di cui sono protagoniste le grandi società multinazionali. Le società multinazionali sono imprese che posseggono impianti di produzione  in Paesi diversi. Sono queste imprese che realizzano gli scambi tra nazioni e i loro interessi possono anche essere in contrasto con quelli dei Paesi dove operano. Quando si parla di globalizzazione si parla di un mondo unito in quanto al consumo, globalizzazione, quindi come unificazione delle culture ed erosione delle culture nazionali e locali.
La forma più antica di mondializzazione è il commercio internazionale basato sulle importazioni e sulle esportazioni di materie prime e manufatti. Una seconda forma è costituita dagli investimenti che le imprese fanno all’estero, dove esse acquistano o creano stabilimenti di produzione. In questo caso l’impresa diventa “multinazionale” Una terza e più recente forma d’internazionalizzazione è la rete d’impresa. Ogni filiale od impresa dipendente si specializza in un particolare prodotto o fase di produzione, con il compito di servire un’area (regionale o mondiale) più vasta di quella dove opera e di scambiare i suoi prodotti o servizi sia all’interno del gruppo sia all’esterno (impresa transnazionale).

Fonti:
- http://www.provstudi.genova.it/servizi/CIL-LaSpezia/Ospitiamo/storia/estratto_1.htm
- http://www.societageografica.it/studiorum_it/relazione/colantoni_r_it.html

La globalizzazione è un fenomeno recente, ma quando è iniziato il processo economico che l’ha prodotta? La periodizzazione più convincente, secondo i  critici che si occupano dell’argomento fa coincidere l’avvio di questo processo con l’espansione delle attività commerciali nel Cinquecento, quando i grandi mercanti europei grazie alle scoperte geografiche si poterono estendere su scala mondiale, mirando al loro arricchimento e a quello degli stati che li sostenevano. Questa espansione trovava l’humus adatto nei mutamenti culturali intervenuti in alcuni Paesi europei: i progressi tecnici nella navigazione e nel settore armatoriale, la nascita dello spirito scientifico, il risveglio dello spirito di razionalità e la riforma religiosa che poneva al centro della società l’individuo e il suo spirito d’impresa. Tutto ciò in Europa si accompagnava con uno sviluppo della crescita demografica e di urbanizzazione. Fino al 1500 d. C. gli imperi-mondo, cioè di quelli maggiormente estesi, sono risultati molto forti, assorbendo le economie-mondo circostanti; ma oltre un  certo limite spaziale e temporale gli imperi-mondo andavano disgregandosi, iniziando un processo di contrazione. Lasciavano così spazio allo sviluppo di nuove economie-mondo e minisistemi. Ma attorno al 1500 avvenne qualcosa di inaspettato: la forza relativa della forma economia-mondo e di quella impero-mondo conobbero un’inversione. In quel periodo si sviluppò in Europa un’economia-modo più resistente che, successivamente, si espanse nello spazio assorbendo gli imperi-mondo e i minisistemi circostanti, senza mostrare alcun limite spaziale intrinseco.
David Landers, grande storico dell’economia e della civiltà, è dell’idea che le origini della mondializzazione capitalistica si possano rintracciare già nell’Europa occidentale all’indomani del 1000, quando si verificarono eventi come le prime emancipazioni della servitù della gleba e l’affermazione delle libertà comunali, che testimoniavano la riscoperta dell’autonomia della politica e della ricerca critica.
Landers individua il motore primo dello sviluppo industriale nelle attitudini e nella peculiarità (e della superiorità) delle civiltà europee nell’ultimo millennio. Il processo che ha posto alcuni popoli alla guida di altri ha aperto anche a questi ultimi vaste prospettive di miglioramento, se non altro la possibilità di accedere a benefici di ordine materiale.(dobbiamo però tener conto che la visione di Landers è forse fin troppo positiva e non tiene in dovuto conto che oltre alle prospettive di miglioramento, tale processo ha accentuato l’inferiorità economica di certi paesi).Grazie a queste attitudini, l’Europa ha finito per superare e a distaccare in questa sua crescita economica civiltà che le erano superiori all’inizio del secondo millennio, come la Cina imperiale.
Ciò che distinse l’Europa, o almeno alcune zone di essa, fu la capacità di creare invenzioni ed innovazioni. Questa capacità era connessa ad atteggiamento culturale di programmatica ricerca e sperimentazione di nuovi mezzi e strumenti da applicare alla conoscenza e alla modificazione della natura. Così furono le navi europee a trasformale in imperi le scoperte in altri continenti, e a tradurre in monopoli le rotte commerciali transoceaniche. La “mercatura già allora era vista come una vera e propria arte, che richiedeva requisiti di intelligenza e di capacità imprenditoriale, che utilizzava strumenti contabili avanzati, che imponeva una continua ricerca di informazioni sulle condizioni del mercato e sugli assetti politici. Sotto un’altra prospettiva Landers non nasconde che l’esplosione mondiale della civiltà industriale e del mercato capitalistico abbia inflitto sofferenze ed orrori a molte popolazioni.

Fonti:
- http://www.intermarx.com/temi/barrucci.html

Fasi della Mondializzazione

Vent’anni di depressione economica, seguiti dalla prosperità della “Belle Epoque”. Ha inizio la seconda rivoluzione industriale (basata sull’industria chimica, l’elettricità e poi l’automobile). Questa è la terza fase della mondializzazione in cui i Paesi europei più ricchi intensificano la colonizzazione e lo sfruttamento mondiale delle materie prime, le industrie si concentrano e nascono le grandi imprese multinazionali. Fine dell’egemonia inglese, contrastata dalla Germania e dagli Stati Uniti.