Una
profonda rivoluzione nei mezzi naviganti doveva apportare il sec. XIX con le sue
numerose invenzioni e scoperte, avvenute in tutti i campi e segnatamente in
quello della scienza e della tecnica navali.
L'arte più o meno empirica del costruire navi era diventata architettura
navale già da circa un secolo, basata su principi prettamente scientifici, ma
soprattutto il sec. XIX va particolarmente ricordato perché introdusse nel
campo delle costruzioni navali due importantissime innovazioni: la sostituzione
dei materiali metallici al legno nella struttura delle navi, e, più ancora,
l'adozione della propulsione meccanica sostitutiva della vela e azionante,
dapprima, due ruote laterali, poi un'elica poppiera.
I primi tentativi di navi a vapore sul mare si ebbero nei primordi del sec. XIX,
se non che, per la grande vulnerabilità che l'adozione delle due grandi ruote
laterali, in gran parte emergenti sull'acqua, avrebbe presentato in navi da
guerra, il sistema della propulsione a vapore non venne preso in considerazione
per le flotte militari, sicché queste continuarono ad adottare la vela fino a
tutta la prima metà del secolo, ossia fino a quando la comparsa del propulsore
a elica, completamente immerso, non fece crollare le obiezioni da principio
mosse al nuovo sistema di propulsione. Nella
marina da commercio, invece, la nave a propulsione meccanica entrò presto in
esercizio sui mari interni e sulle acque costiere degli oceani, non più quale
tentativo sperimentale, ma addirittura come affermazione definitiva.
Per l'adozione della propulsione a vapore nella navigazione oceanica
d'altura la soluzione del problema non era semplice, in quanto bisognava
assicurare al piroscafo la sufficiente autonomia per superarne, con l'unico
balzo necessario, la traversata.
Dato il grande consumo orario di combustibile di quelle primitive macchine a
vapore, e la lunghezza del percorso da compiere, richiedente l'imbarco di una
cospicua scorta di combustibile inconciliabile con la limitata portata degli
scafi d'allora, già parzialmente ingombri delle caldaie e dell'apparato motore,
non rimaneva disponibilità di spazio per il carico utile, cioè per quel carico
che, producendo nolo, copriva le spese. In
altri termini, se il problema presentava una soluzione positiva sotto l'aspetto
tecnico, ne presentava una completamente negativa sotto l'aspetto economico, che
è poi quello che promuove il progresso nei mezzi della marina mercantile.
Pur tuttavia si cercò di superare alla meglio le difficoltà, sia introducendo
miglioramenti nelle macchine, per ridurre il consumo di combustibile e
aumentarne nello stesso tempo il rendimento, sia accrescendo la portata delle
navi, compatibilmente con la potenza sviluppata dalle relative motrici. Degni di
menzione furono i tentativi compiuti in questo campo nel 1838 dal Sirius,
piroscafo di 700 t e 330 CV, impiegato in una traversata atlantica da Cork a New
York, e dal Great Western, piroscafo di legno di 1400 t e 750 CV, impiegato
nella traversata da Liverpool a New York, tentativi seguiti nel 1843 dal primo
transatlantico di ferro a elica Great Britain di 3000 t di stazza e 1000 CV e,
nel 1854, dal Great Eastern, piroscafo di 27000 t di dislocamento, lungo 211 m,
con macchina di 4000 CV per le due ruote laterali e altra di 6400 CV per l'elica
poppiera, oltre a 5400 mq di velatura distribuita su diversi alberi.
Dopo queste coraggiose prove la propulsione a vapore si poté considerare
affermata anche sulle traversate oceaniche, mentre la vela, prima di sparire
definitivamente da quelle rotte, offrì insospettate manifestazioni con superbi
esemplari. Difatti, fu proprio in questo periodo di contrastato dominio fra
vapore e vela che il mondo marinaro conobbe i veloci, snelli e stellati (detti
tagliatori, dalla loro grandissima attitudine e fendere l'acqua) nordamericani,
navi da 3000 a 5000 t, dalla
sviluppatissima velatura distribuita su parecchi alberi. Il Great Republic, per
esempio, lungo circa 100 m, largo 16, alto 12, stazzante 4000 t, con quattro
alberi dei quali il maestro si elevava fino a 63 m, mentre la velatura totale
raggiungeva i 5000 mq uno
di tali clippers. Queste navi furono gli ultimi giganti della marina velica
d'oltre oceano, ma non bisogna dimenticare che al di qua dell’Atlantico le
costruzioni veliche delle sparse marinerie italiane (ligure, napoletana,
siciliana) con i loro brigantini a palo e con i loro tipi di nave
(per esempio il Cosmos) resistevano vigorosamente e brillantemente sulle
stesse rotte oceaniche.
Dopo l'invenzione dell'elica le marine da guerra costruirono per circa un
decennio navi a propulsione mista, cioè a vela e a vapore, poi la vela, ritenuta
un inutile ingombro, scomparve del tutto dalle navi militari. Le prime
navi da guerra a vapore, debitamente
rivestite di corazza metallica, specie di batterie galleggianti, ricevettero il
loro battesimo di fuoco nel conflitto di Crimea (Kinburn, 1855) e nella guerra
di secessione nordamericana (Hampton Road, 1862).
La marina da guerra italiana si disfece di quel campionario di ferri vecchi,
residuati dopo l'infelice conflitto con l'Austria (1866), per opera di Benedetto
Brio, il quale nel 1872 progettò la Duilio, prima corazzata a torri munite di pezzi del calibro di 450 mm. Nei primi anni del secolo corrente poi
il Cuniberti disegnava un modello di nave da guerra di grande potenza, con un dislocamento di ca. 18000 t,
interamente corazzata, munita di 10 pezzi da 305 mm sistemati in più torri
multiple corazzate, oltre a 18 pezzi da 76 mm, e con 21 nodi di velocità
oraria, disegno che, venuto a conoscenza dell'Inghilterra, fu colà realizzato
nel 1905, prima ancora che lo fosse in Italia, e si chiamò Dreadnought, un tipo che può essere considerato come il progenitore
della moderna nave di linea.
Illustreremo più oltre i tipi che entrano nella composizione delle attuali
flotte militari e, frattanto, osserviamo che, durante gli ultimi 100 anni,
mentre il progresso delle navi da guerra sì è polarizzato intorno al
superamento del terribile duello ingaggiato fra cannone e corazza e fra siluro e
velocità, quello della nave mercantile
ha avuto per mira precipua quella di offrire, insieme con una maggiore celerità
dei viaggi, il massimo comfort desiderabile per i passeggeri e una sempre più
accurata specializzazione dei materiali per il migliore accoglimento del carico
secondo la sua natura. L'evoluzione degli apparati motori, che riguarda tanto il
progresso delle navi da guerra, quanto quello della navi da commercio ha segnato nell'accennato periodo un'ascensione
veramente portentosa, avendo via via fornito risultati sempre più vantaggiosi
nell'impiego e nel rendimento funzionale di tipi vari di caldaie, di motrici
vere e proprie, di propulsori, di combustibili. Fondamentali addirittura sono stati i risultati degli studi
compiuti intorno alle più convenienti forme della catena per far incontrare la
minore resistenza al moto, e importantissimi sono stati anche gli studi compiuti
nei campi più svariati per assicurare la migliore salvaguardia della vita umana
in mare.
Oggi la marina da commercio può vantare, nel settore delle navi
adibite a regolari servizi di linea, modelli che sono superbe affermazioni
dell'ingegneria navale, ma sensibili miglioramenti si ritrovano pur nelle navi
che, libere da qualsiasi vincolo, esercitano il trampíng,
ossia vagano di qua e di là, come facevano un tempo le sgangherate
carrette, in cerca di un carico da trasportare.
Le moderne navi da passeggeri e petroliere giganti rappresentano probanti
testimonianze della più progredita tecnica moderna.
Per le navi da passeggeri
addette, in particolare, ai servizi di linea dei Nord Atlantico, si è impegnata
una specie di gara fra le principali nazioni marinare del mondo, per offrire al
pubblico colossi celeri e confortevoli al massimo grado. Tali sono stati in
passato, e alcuni lo sono tuttora, il canadese Empress of Canada; i francesi
Normandie, Pe de France, Ancerville; i germanici Europa, Bremen; gli inglesi
Mauretania, Queen Mary, Queen Elizabeth, Queen of Bermuda, Canberra, Oriana,
Southern Cross, Northen Cross; l'israeliano Shaiom; gli italiani Rex, Conte
Grande, Augustus, G. Cesare, Saturnia, Vulcania, A. Doria, Leonardo da Vinci, C.
Colombo, G. Galilei, G. Marconi, Michelangelo, Raffaello; gli statunitensi
America, United States, lndipendence, Constitution; e via dicendo. Una buona
parte dei colossi dei mare qui nominati ha conquistato il «Nastro azzurro »,
che è un distintivo d’onore, il quale, insieme con una coppa, viene assegnato
alla nave che impiega minor tempo nella traversata Europa-America.
Nulla, però, si può dire circa ciò che l’avvenire potrà ancora riserbare
in fatto di nuovi tipi di navi da guerra e da commercio perché non è dato
prevedere quali altre invenzioni e scoperte potranno influenzare la
progettazione.
Bisogna considerare che, nella marcia del progresso, l’attualità per quanto
ricca di strabilianti conquiste, non rappresenta un punto d’arrivo
definitivamente raggiunto o un limite non oltrepassabile, bensì una tappa e
quindi un punto di partenza verso quelle ulteriori conquiste che l’ingegno
umano potrà ancora dare.
Fonti:
-
www.itis.scientifico.co.it
- Enciclopedia Treccani
- members.tripod.it/romaina/htm.htm