La critica alla morale cristiana e la " morte di Dio" in Nietzsche

 

Nietzche.JPG (37047 byte)L’opera di Nietzsche svolge con particolare forza e decisione la critica al cristianesimo, e contemporaneamente porta l’ateismo alle estreme conseguenze per l’uomo. La sua critica si rivolge in maniera particolare alla morale e alla civiltà cristiane.

L’obiettivo è quello di mostrare, come già nel giovane Hegel, in che modo il cristianesimo sorga dal risentimento di una civiltà, quella ebraica, di fronte al dominio romano, e conseguentemente sviluppi una tavola di valori che si oppongono alla naturalezza della vita, al suo aspetto dionisiaco. Quest’ultimo concetto è fondamentale per il filosofo, egli nel tentativo di fondare storicamente la sua critica si rivolge all’antico mondo greco, in cui il dionisiaco rappresentava uno dei due impulsi di questa civiltà (l’altro è l’apollineo). Il dionisiaco è l’esplosione piena dell’impulso vitale ed è in grado di cogliere il senso caotico del divenire, rappresenta l’istinto e l’irrazionalità ed artisticamente si esprime con la musica. La discussione dell’apollineo e del dionisiaco costituiscono un ampia problematica in Nietzsche, che analizza il loro rapporto attraverso la storia della civiltà greca, qui è stato citato il dionisiaco solo in quanto rappresenta per il filosofo l’ideale dell’accettazione della vita a cui il cristianesimo si oppone.

Riguardo al rovesciamento di valori operato dal cristianesimo, Nietzsche individua prima di tutto la morale che caratterizzava il mondo classico prima del suo avvento. Questa morale era espressione di un’aristocrazia cavalleresca, che in quanto tale raccoglieva in sé la vitalità, la forza, la gioia. Accanto all’etica dei guerrieri erano presenti anche i sacerdoti, i quali erano rappresentanti di un’etica totalmente opposta. Se i primi esprimevano la completa affermazione dell’uomo e del corpo, i sacerdoti perseguivano le virtù dello spirito. I sacerdoti però essendo uomini non potevano estinguere dalla propria natura i sentimenti vitali, così il risentimento verso i guerrieri che di questi erano piena espressione diviene invidia e desiderio di rivalsa. La casta dei sacerdoti non era in grado di affermarsi sul piano degli stessi valori guerrieri, così fu costretta ad elaborare una serie di valori antitetici.

Ecco quindi che il valore supremo diviene lo spirito, all’affermazione si contrappone l’abnegazione e il sacrificio di sé, all’orgoglio l’umiltà e alla sessualità la castità.

Storicamente questo processo è rappresentato dagli ebrei che oppongono ai romani "l’odio dell’impotenza" e rovesciano l’equazione dei valori: << … ovverosia i miserabili sono soltanto i buoni; solo i poveri, gli impotenti, gli umili sono i buoni; i sofferenti, gli indigenti, gli infermi, i deformi sono anche gli unici devoti….. >>. Questa morale è finita per conquistare le masse ed è divenuta cristianesimo, ha saputo capovolgere i valori dell’antico mondo e di Roma; in definitiva si è posta contro la stessa vita.

Proprio per il suo carattere anti - vitale il cristianesimo ha prodotto un uomo che nel continuo tentativo di reprimere i suoi istinti naturali come la gioia e i piaceri naturali, fondamentali dell’esistenza, è malato e represso. Gli istinti che il cristiano non scarica all’esterno si rivolgono necessariamente al suo interno e, al di là della sua apparente serenità, egli è tormentato e nasconde in sé una forte aggressività e sentimento di vendetta contro il prossimo.

Un’altra conseguenza di questo processo è il peccato e il senso di colpa, comparsi per opera del cristianesimo in un mondo che in precedenza non li conosceva. Con essi il cristiano spiega il proprio stato di dolore perché << le ragioni sollevano >>, e << quando si ha un perché nella vita, ci si adatta ad ogni come >>.

Nietzsche rivolge la sua critica non tanto al cristianesimo come dottrina puramente teologica, ma al cristianesimo storico e soprattutto al cristianesimo posto nell’epoca moderna. Come già Feuerbach, Marx e Kierkegaard egli ha colto l’incompatibilità della realtà moderna così mondanizzata con il cristianesimo. Se una volta essere cristiani poteva significare essere malati, oggi risulta indecoroso. << Quando si abbia anche la più modesta pretesa di onestà, si deve oggi sapere, che un teologo, un prete, un papa non soltanto si sbagliano, ma mentiscono ad ogni parola che dicano, e che oggi non è più loro lecito di mentire per "innocenza" o "ignoranza"……Ognuno lo sa, e ciò nonostante tutto rimane come in antico ………Ogni pratica di ogni momento, ogni istinto, ogni valutazione che si traduce in realtà è oggi anticristiana: l’uomo moderno deve essere un aborto di falsità, per non vergognarsi con tutto ciò di chiamarsi ancora cristiano. >>.

Giunti a questo punto Nietzsche non può che affermare "la morte di Dio", concetto apparentemente paradossale ma che esprime tutta la forza della sua critica. In Dio non c’è solo: << dichiarata inimicizia alla vita, alla natura, alla volontà di vivere! >>, ma rappresenta insieme anche tutte quelle certezze metafisiche che per secoli hanno cercato di dare un ordine e un senso al mondo: << Dio, la formula di ogni calunnia dell’"aldiqua", di ogni di ogni menzogna dell’"aldilà" >>.

Egli, come Schopenhauer, ha una visione del mondo dominato dalla sofferenza e dall’irrazionalità; il tentativo dell’uomo di dargli un ordine metafisico o religioso è solo una costruzione della sua mente che tenta di ovviare all’insicurezza e alla durezza dell’esistenza. Il carattere sdivinizzato del mondo è così evidente per il filosofo da confutare esso stesso l’esistenza di un Dio e di una provvidenzialità, della quale, in realtà, l’uomo si è voluto convincere per poter sopravvivere.

In questo senso il famoso annuncio della morte di Dio diviene fondamentale per due conseguenze:

il messaggio della morte di Dio, tuttavia ancora in corso per l’uomo che lo deve comprendere in tutta la sua portata;
le conseguenze esistenziali che il vero ateismo, non quello superficiale dei più, produce in prospettiva del nichilismo.

L’ateismo prospettato da Nietzsche è drammatico perché insieme a Dio perisce ogni certezza. Cogliere questo è difficile per l’uomo, il quale messo da parte Dio trova immediatamente altri idoli da adorare in quanto il vuoto lasciato dal cristianesimo è incolmabile.

Hegel ha fatto l’ultimo estremo tentativo di mediare il cristianesimo col mondo attraverso lo spirito nella storia, tuttavia egli aveva in un certo senso criticato la religione e fu per Nietzsche il ritardatore << dell’onesto ateismo >>. Anche i filosofi posteriori come Feuerbach o Strauss furono secondo lui << mezzi preti >> o ancora teologi, in quanto ancora attaccati al protestantesimo. Nietzsche sostiene che la stessa teologia protestante ha accolto in se una parte dell’ateismo scientifico della filosofia; il protestantesimo è decaduto presentandosi ora come per metà teologia e per metà filosofia. L’immoralismo del filosofo, inteso come rovesciamento della morale cristiana, è visto da lui come la estrema conseguenza del processo della stessa morale cristiana. Essa si è autoannientata prima con la Riforma sotto forma di dogma cattolico, ora come morale. L’ateismo <<incondizionatamente onesto >> non è quindi in antitesi all’ideale cristiano, ma ne rappresenta una delle sue ultime fasi di sviluppo, una delle forme finali e intime conseguenze. << Esso è la catastrofe che, incute rispetto, di una bimillenaria disciplina alla verità, che alla fine proibisce a se stessa la menzogna di credere in Dio. >>.